We Will Rock You, il ritmo dei Queen per scaldare le folle
07 ottobre 2025 alle ore 10:15, agg. alle 10:44
Con "We Will Rock You" Brian May immagina un brano dove il pubblico dei Queen entra nella ritmica, fondendosi con la band in un arrangiamento rock leggendario
"We Will Rock You" viene pubblicato dai Queen il 7 ottobre 1977 come primo estratto dal sesto album in studio NEWS OF THE WORLD. E' un intuizione di Brian May, desideroso di scrivere un brano che trasformasse il pubblico in parte integrante dello show.
Ispirato dai fan dei Queen che, a differenza di quelli delle altre grandi band rock, hard rock e progressive del periodo, ai concerti cantavano i pezzi del gruppo, May costruì quello che sarebbe diventato un inno. Il brano fu registrato con i Queen che, indossando stivali, battevano i piedi su una tavola di legno usata dai Sex Pistols per appoggiarci la batteria, allora negli stessi Wessex Studios per incidere il loro unico album, NEVER MIND THE BOLLOCKS. Con l’abilità tecnica di May, che aggiunse effetti di eco per moltiplicare quei battiti, il tutto si trasformò nella pulsazione di una folla oceanica. Così è nato l’inno rock tribale destinato a entrare nella leggenda della musica.
Ispirato dal pubblico
"We Will Rock You" nasce da un’intuizione di Brian May: creare una canzone che facesse del pubblico il vero protagonista. Alla metà degli anni ’70 i concerti rock vedevano folle sempre più partecipi, ma quel coinvolgimento non trovava sfogo nel canto. Il rock psichedelico, l’hard rock e il progressive incantavano gli spettatori, li trascinavano in una sorta di trance, rapiti e ciondolanti sul ritmo, ma la complessità dei brani e la densità strumentale finivano per inibire la possibilità di cantare insieme. Brian May voleva rompere quella consuetudine, ispirato dal pubblico stesso dei Queen, che sembrava avere un’attitudine diversa. Racconta infatti: “In un nostro concerto alla Bingley Hall il pubblico ha cantato ogni canzone della scaletta da cima a fondo. La gente non lo faceva spesso ai concerti di quel tempo. Non contenta, quando siamo tornati per il bis, la folla si è messa a cantare persino l’inno del Liverpool "You’ll Never Walk Alone". Era una cosa sensazionale, perché se in quegli anni andavi a vedere i Led Zeppelin o The Who, vedevi il pubblico dimenarsi ma non c’era uno spettatore che cantasse.” L’esperienza di quella sera lasciò in Brian May una certezza: basta spettatori passivi e in silenzio. Voleva un pubblico che cantasse, e per ottenerlo serviva un brano pensato apposta, in cui i cori della folla diventassero parte integrante dell’arrangiamento. “Sono andato a dormire e mi sono svegliato con We Will Rock You in testa.”
L'inno tribale del rock
La creazione di Brian May superò le sue stesse aspettative: non c’era solo un coro, ma anche una struttura ritmica e coreografica capace di coinvolgere tutti. Piedi che battono, mani che applaudono: una semplicità geniale che trasformava la folla in un unico strumento musicale. Perché in mezzo a un concerto non puoi muoverti liberamente, ma puoi cantare, scandire il ritmo e sentirti parte della musica. Il brano fu concepito come una canzone essenzialmente a cappella, senza l’uso di basso o batteria tradizionale, fatta eccezione per l’assolo di chitarra finale. La sua forza sta nel ritmo tribale di “stomp, stomp, clap”, che rese immediatamente riconoscibile il pezzo e lo trasformò in patrimonio collettivo di arene, stadi e persino contesti sportivi. Roger Taylor ha raccontato le particolarità di quella registrazione, avvenuta agli Wessex Studios di Londra: “Eravamo tutti in mezzo alla sala, intorno a una pedana di legno presa in prestito dai Sex Pistols, che in quello stesso periodo stavano registrando NEVER MIND THE BOLLOCKS. Indossavamo stivali pesanti che contribuivano a ingigantire il rumore dei colpi, e battevamo a tempo sulla pedana, mentre con le mani facevamo il resto. Abbiamo registrato tantissime volte, e Brian May ha aggiunto effetti di eco studiati in modo che il suono si ripetesse non in maniera meccanica, ma mantenendo quella spontaneità tipica di una folla reale che applaude e batte le mani a tempo.” Un brano nato dal guizzo di un genio, ispirato dal pubblico e composto in una notte, come in un sogno. Registrato sperimentando e liberando la creatività in studio e diventato uno dei momenti più iconici della storia del rock dal vivo.