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Tutti gli album dei Metallica dal peggiore al migliore

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Author image Gianluigi Riccardo

03 settembre 2025 alle ore 11:51, agg. alle 14:25

Abbiamo messo in fila tutti gli album dei Metallica dal peggiore al migliore, tra azzardi e classici senza tempo

Quali sono i migliori album dei Metallica?

Se sul peggiore i fan sembrano tendenzialmente essere tutti d'accordo - al netto della collab "Lulu" con Lou Reed - le prime posizioni possono vedere due o tre dischi giocarsi la vetta in base a quali sono le principali motivazioni di chi si trova a realizzare la propria classifica personale.

Parlare dei Metallica non è mai facile perché significa confrontarsi con uno dei rari casi in cui una band capace di scrivere veri e propri classici di una sottocultura, esplode fino ad imporsi come un vero fenomeno globale in quell'anno, il 1991, che ha segnato l'apertura totale del portale che mette in collegamento l'underground e il mainstream.

Nati nel pieno fermento della scena metal californiana dei primi anni '80, James Hetfield e Lars Ulrich hanno fondato qualcosa che è andato oltre il semplice concetto di "thrash metal": hanno dato forma a una poetica sonora fatta di velocità, oscurità, riflessione sociale, dolore personale e una costante tensione tra integrità artistica e successo commerciale.

Da qui parte il grande tema di ogni discussione sui Metallica: il dualismo tra la necessità di rimanere 'true' e il cedere al compromesso mainstream, che attraversa la loro discografia in modo trasversale, tra svolte stilistiche, sperimentazioni, ritorni alle radici e sbandate clamorose.

In mezzo crisi, lutti, abbandoni, problemi di dipendenze, tensioni interne e la necessità di mantenere la fanbase di sempre senza perdere le platee mondiali conquistate con tanta fatica.

Ma è proprio questa altalena di scelte (coraggiose o azzardate) a rendere la loro carriera così affascinante. Pochi gruppi hanno saputo rimanere centrali per così tanto tempo, attraversando generazioni e linguaggi: dai ragazzi che pogavano sotto il palco nei primi club della Bay Area, fino ai fan giovanissimi che oggi scoprono i loro brani grazie a Stranger Things o TikTok.

Proprio per questo, classificare i dischi dei Metallica non è solo un esercizio di stile: è un modo per leggere l’evoluzione della band e, parallelamente, dei gusti e delle epoche che hanno attraversato. Il peso culturale del Black Album non è lo stesso di un disco come St. Anger, eppure entrambi hanno avuto un impatto rilevante, seppur in modo diverso.

E allora come si misura il “valore” di un disco dei Metallica?



11. St. Anger (2003)

Un album controverso sin dall’inizio. St. Anger nasce nel pieno della crisi della band, raccontata nel documentario Some Kind of Monster.

L’approccio è grezzo, la produzione cruda e con pochi assoli tradizionali, batterie più metalliche che metal e, di fondo, una grande confusione.

Se dal punto di vista strettamente musicale la cosa non è un bene, allo stesso tempo è forse l'unico risultato possibile per una band al centro delle tensioni tra problemi di dipendenze, scontri interni e l'addio di Newsted che porterà alla frattura e la successiva terapia.

È un disco rabbioso e urgente, sincero se vogliamo ma fortemente penalizzato dalla resa sonora.





10. Load (1996)

Con Load, i Metallica compiono un allontanamento evidente dal thrash metal verso un sound più hard rock e blues-oriented.

C'è un cambio di direzione, un cambio di look caratterizzato da stile western e capelli corti e un tentativo di cavalcare la posizione di giganti rock del mainstream in un periodo ricco, come quello degli anni '90, che si trovava ad un crocevia tra la fine del grunge, l'esplosione di britpop e alternative, e i primi semi di ciò che, di lì a poco, sarebbe diventato il nuovo sound del metal americano.

Hetfield e soci decidono di fare un passo a lato, sorprendendo e deludendo i fan che già si erano in parte sentiti traditi dal suono più radiofonico del "Black Album".

Il risultato è un disco lungo, coeso in parte, riflessivo ma con svariati momenti deboli.

Bleeding Me è uno dei pezzi più ispirati della seconda metà degli anni '90 della band.




9. Death Magnetic (2008)

Dopo le critiche feroci a St. Anger, la band torna alle origini thrash, o almeno ci prova, con un disco ambizioso e riuscito solo in parte.

Death Magnetic segna un recupero importante di credibilità, ma, pur contenendo alcuni brani validi come The Day That Never Comes, soffre per un mastering eccessivamente compresso. 

La collaborazione con Rick Rubin aiutò la band a raggiungere il cuore della scrittura e a concentrarsi sul realizzare un disco senza orpelli da studio. 

Di contro l'assenza di dinamiche per creare un lavoro rumoroso finì per farne un esempio da manuale della 'loudness war' e consegnare ai fan un prodotto confusionario.



8. Hardwired… to Self‑Destruct (2016)

A distanza di otto anni da Death Magnetic, un doppio album solido che riassume molte delle anime dei Metallica: velocità, groove, melodia e introspezione.

Da molti considerato un passo in avanti per quanto riguarda la composizione - qualcuno potrebbe ironizzare sul fatto che sia il primo disco senza lo zampino di Kirk Hammett - risulta aggressivo senza mai esserlo completamente e a tratti lungo e dispersivo.

Non tutti i brani sono allo stesso livello, ma Hardwired, Atlas, Rise e Moth Into Flame confermano una band ancora capace di imporsi in modo credibile nel presente con alcuni dei singoli migliori della loro fase moderna.




7. 72 Seasons (2023)

L’ultimo album in ordine cronologico è anche uno dei più personali. Hetfield affronta i traumi dell’infanzia con testi sinceri, mentre il sound alterna momenti heavy classici a passaggi più moderni. Pur non essendo rivoluzionario e caratterizzati da solo di chitarra che i fan hanno considerato 'pigri',  72 Seasons conferma una band ancora pienamente attiva e coerente.

Pensare che dopo 40 anni di carriera e nulla da dimostrare i Metallica siano ancora in grado di pubblicare singoli come Lux Aeterna e la titletrack  per portarli poi dal vivo in tour interminabili negli stadi di tutto il mondo è sorprendente.

Anche in questo caso ci si dilunga spesso ma "72 Seasons" è un disco forte e melodico che riesce ad unire i nuovi fan e quelli della vecchia guardia. 

Almeno i meno intransigenti.




6. Reload (1997)

Seconda parte dell’esperimento Load/Reload, spesso visto come meno ispirato del suo predecessore. 

Le premesse di partenza sono le stesse e siamo davanti ad un disco più adatto all'alta rotazione di MTV che ai metallari incalliti ma bisogna, proprio per questo motivo, analizzarlo per quello che è.

I Metallica volevano omaggiare con questo progetto le proprie radici rock e blues abbassando il giro dei riff e concentrandosi sulla scrittura e sulla sperimentazione sonora.

Tenendo bene in mente questo punto, "Reload" è un disco molto più valido di quello che molti vogliano far credere e in realtà, contiene alcune delle canzoni più memorabili del periodo post-Black Album.

Brani come The Memory Remains, con la partecipazione di Marianne Faithfull, Fuel e The Unforgiven II sono assolutamente validi e forse la cosa migliore che i Metallica di quel momento potessero produrre con coerenza.





5. …And Justice for All (1988)

Il disco più complesso e tecnico della carriera dei Metallica. Dopo la morte di Cliff Burton, la band spinge su strutture elaborate e tematiche cupe.

La produzione glaciale, con il basso del nuovo arrivato Jason Newsted praticamente assente, è ancora oggi oggetto di discussione. Omaggio al passato o test per il futuro ?

Resta il fatto che un lavoro articolato e concettuale come questo mette in mostra una band che ha raggiunto un livello di maturità tale da essere già ampiamente nell'Olimpo di chi ha fatto ( e farà la storia) con picchi compositivi e narrativi di tutto il genere come One.




4. Kill ’Em All (1983)

Il debutto che ha cambiato per sempre il metal.

Kill ’Em All è grezzo, diretto e carico di un’energia che segnerà l’ascesa del thrash e che cambierà le carte in tavola per tutti: per i Metallica, i loro fan, la crescente scena metal e tutta la storia del rock.

Riff velocissimi, testi brutali e un’attitudine che prende molto in prestito dal punk e da chi prima di loro aveva unito i generi - leggi Motorhead - che influenzerà un'intera generazione.

Per forza di cose, un lavoro acerbo ma con già chiare le intenzioni di volersi prendere tutto spazzando via qualsiasi cosa.





3. Ride the Lightning (1984)

L’album che dimostra come i Metallica siano più che una band thrash.

Ride the Lightning amplia il raggio d’azione  e segna il definitivo approccio alla maturità  con canzoni più strutturate, intricate e intense.

Ci sono la disperazione e la velocità ma anche una nuova consapevolezza nei propri mezzi che permetterà alla band, James Hetfield in testa, di spiccare il volo e trasformarsi in una nuova creatura che li porterà in un'era successiva.

Fade to Black, Creeping Death e For Whom the Bell Tolls sono classici entrati di diritto nella storia del metal in generale.



2. Metallica / The Black Album (1991)

Il disco della svolta. Con The Black Album, i Metallica entrano nel mainstream senza perdere la loro identità, anche se qualcuno potrebbe non essere d'accordo.

I fan 'true' , i 'gatekeeper' del metal vedono nell'omonimo album del 1991 l'inizio della fine ma, se vogliamo dirla tutta, è un problema più dei fan che della band.

Quando si parte dall'underground è molto probabile che i fan sviluppino una sorta di 'gelosia' nei confronti dei propri beniamini accusati di svendersi non appena si cerca di raggiungere una platea più ampia.

La verità è che se migliaia di ragazzi si sono avvicinati al sound heavy scoprendo un nuovo mondo sonoro lo si deve in gran parte a quest'album e non ci pare possa essere un male.

La produzione perfetta di Bob Rock, al di là dei contrasti, riuscì a consegnare fuori brani tanto potenti quanto digeribili per i media più generalisti con hit iconiche come Enter Sandman, Nothing Else Matters e Sad But True che hanno saputo mantenere le sonorità heavy e intense presentandole a chi magari non si era mai approcciato al genere.





1. Master of Puppets (1986)

Il punto più alto della carriera dei Metallica.

Con Master of Puppets, la band riesce a fondere potenza, tecnica e melodia come mai prima.

In questo disco c'è tutto: velocità, struttura, melodia, profondità di musica e parole e la summa perfetta dei Metallica del passato e quelli del futuro.

Un equilibrio perfetto tenuto in piedi da una sequenza di tracce leggendarie che anche i giovanissimi della Gen Z hanno potuto riscoprire grazie a serie cult come Stranger Things o ai social.

Ogni traccia è iconica: dalla title track a Battery, passando per Welcome Home (Sanitarium).

È l’album che più di tutti rappresenta l’essenza dei Metallica. 



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