History

Rock and Roll Circus, il controverso esperimento degli Stones

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Author image Gianluigi Riccardo

11 dicembre 2025 alle ore 09:08, agg. alle 12:28

Nel 1968 i Rolling Stones realizzarono un complicato varietà rock sperimentale con amici illustri che verrà archiviato per decenni

Il Rock and Roll Circus dei Rolling Stones rimane uno degli episodi più affascinanti e misteriosi della storia del rock.

Registrato nel dicembre del 1968 e rimasto inedito per quasi trent’anni, lo show rappresenta una fotografia unica della scena musicale britannica dell’epoca, sospesa tra surrealismo televisivo, virtuosismo musicale e tensioni interne.

Uno spettacolo nato come celebrazione del nuovo corso degli Stones e diventato, con il tempo, un reperto leggendario.

L'idea di Jagger per il Rock and Roll Circus

Alla fine del 1968 i Rolling Stones sono nel pieno della loro fase più creativa e instabile. Beggars Banquet segna un ritorno alle radici blues, mentre Brian Jones è ormai sempre più distante, sia fisicamente che artisticamente. Mick Jagger fiuta la necessità di riaffermare la centralità della band in un periodo in cui i Beatles hanno appena pubblicato il White Album e l’attenzione mediatica sembra andare altrove.

Nasce così l’idea: creare un varietà rock che rompa ogni schema televisivo, con un set costruito come un vero tendone da circo, acrobati, animali, luci psichedeliche e una passerella di artisti di altissimo livello.

Il progetto viene sviluppato insieme ad Allen Klein e al regista Michael Lindsay-Hogg (quello che farà poi le riprese per il film dei Beatles "Let It Be", dalle quali attingerà Peter Jackson per il recente "Get Back").

I Twickenham Studios si trasformano in un tendone in stile vittoriano ricco di colori saturi e costumi eccentrici.

La logica è semplice: realizzare uno show-evento che unisca musica, teatralità e una grande celebrazione collettiva.

L'estetica è volutamente surreale, in linea con il clima tardo psichedelico della Swinging London.

L’obiettivo degli Stones è chiaro: mostrare al mondo di essere ancora i dominatori della scena.

Invitati di ogni tipo e grandi performance

Quando la macchina produttiva si mise in moto, la lista degli invitati rispecchiò la rete di relazioni e ammirazioni del tempo, portando sotto il tendone, in un contesto surreale, i più grandi nomi del momento, insieme ad alcuni 'emergenti' che sarebbero diventati grandi a loro volta.

Figure attorno alle quali si concentrava l’energia della Swinging London. Eppure, come spesso accade in produzioni troppo ambiziose, la realtà sulle rive del set si rivelò meno ordinata di quanto la lista degli intenti lasciasse sperare.

Gli Who offrirono una delle performance più commentate, eseguendo “A Quick One, While He’s Away” con una energia che colpì pubblico e addetti ai lavori. La band era in un momento di grande solidità creativa, e il loro approccio teatrale e dinamico si integrò perfettamente con l’impostazione scenografica dello show.

I Jethro Tull, ancora agli esordi ma già riconoscibili, mostrarono la personalità unica del loro leader Ian Anderson, capace di catturare l’attenzione con un linguaggio corporeo anticonvenzionale e con un uso del flauto che rompeva gli schemi del rock tradizionale.

Marianne Faithfull portò un tono diverso, più intimo e riflessivo, in contrasto con la fisicità di molti dei colleghi presenti. La sua presenza contribuì a equilibrare il programma e a evidenziare l’eterogeneità delle voci coinvolte.

Non mancò un segmento blues con Taj Mahal, che offrì una performance diretta e genuina, sottolineando l’importanza delle radici afroamericane nel percorso artistico degli Stones.


L'incredibile formazione dei The Dirty Mac

Una delle pagine più documentate e speciali del Rock And Roll Circus è però, per forza di cose, la nascita e l'esibizione dei The Dirty Mac, supergruppo formato da John Lennon, Keith RIchards, Eric Clapton e il batterista della Jimi Hendrix Experience Mitch Mitchell.

L’idea nacque in modo informale, quasi improvvisato, ma si radicò nella volontà di John Lennon di cimentarsi, per la prima volta al di fuori dei Beatles - e con i Fab Four ancora in attività ma in crisi - in un contesto musicale autonomo e pubblico.

Lennon accettò l’invito degli Stones non tanto per suonare quanto per assistere allo show e sostenere gli amici. Fu durante le discussioni preliminari, secondo diverse testimonianze dello staff tecnico, che manifestò il desiderio di “fare qualcosa” sul palco. In quegli stessi giorni stava attraversando una fase creativa molto personale, segnata dall’intensificarsi del rapporto con Yoko Ono e dalle prime distanze visibili all’interno dei Beatles.

Prima di tutto, Lennon chiese se sarebbe stato possibile eseguire “Yer Blues”, uno dei brani più crudi del White Album, che sentiva particolarmente vicino al suo stato emotivo del periodo. Mick Jagger, entusiasta all’idea di una presenza così rilevante, appoggiò immediatamente la proposta.

La formazione nacque così, in poche ore, senza prove strutturate né una preparazione specifica. Clapton, in un’intervista anni dopo, ricordò quell’episodio dicendo che a unirli fu soprattutto “la curiosità di vedere cosa sarebbe successo”.



Le difficoltà delle riprese, le ’incertezza strategica del progetto

Se l’intenzione iniziale era quella di completare lo speciale in tempi relativamente brevi, la realtà si rivelò più complessa. Problemi tecnici frequenti — dall’illuminazione instabile ai tempi di cambio set — rallentarono la produzione, dilatando la giornata fino a notte inoltrata.

Questo cambiamento impattò direttamente sugli Stones, programmati per chiudere lo show: quando arrivò il loro turno, la stanchezza accumulata era evidente.

La posizione di Brian Jones rappresentò un ulteriore elemento delicato. Lontano dalla piena forma degli anni precedenti, ma ancora capace di momenti di grande precisione musicale, Jones visse la giornata con oscillazioni tra partecipazione e distacco. La sua esecuzione in “No Expectations”, in particolare, è stata spesso citata come esempio del contributo ancora significativo che riusciva a portare nonostante le difficoltà personali.

Alla revisione delle riprese, emersero alcune considerazioni critiche. Dal punto di vista della band, l’energia complessiva della performance risultava inferiore rispetto a quella di alcuni ospiti, in particolare degli Who.



L'archiviazione del progetto fino agli anni '90

L’idea di pubblicare immediatamente un prodotto che non restituiva nel modo più favorevole possibile la forma degli Stones portò Jagger e i responsabili a prendere una decisione prudenziale: archiviare il materiale.

Le dichiarazioni ufficiali parlarono di problemi tecnici, ma la motivazione artistica — ossia la percezione di un divario nell’impatto scenico — fu determinante.

Solo negli anni Novanta, grazie a un rinnovato interesse verso l’epoca e alla possibilità di restaurare il girato, si decise di pubblicare lo show integralmente.

L’uscita rese possibile una rilettura più equilibrata dell’intero progetto, non come un prodotto televisivo compiuto, ma come un documento storico che fotografa la scena musicale del 1968 attraverso un approccio meno controllato e più spontaneo.



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