Primus: freak, funk e follia al servizio del basso di Les Claypool
29 settembre 2025 alle ore 13:43, agg. alle 15:39
Con Les Claypool i Primus ribaltano le regole del rock: un basso solista al centro, tra funk, metal e nonsense. Tre dischi per capirli davvero.
Nato il 29 settembre 1963, Les Claypool è il bassista che più di ogni altro ha stravolto gli equilibri del rock. Con i suoi Primus ha ribaltato la gerarchia tradizionale, portando il basso al centro della scena e trasformandolo in strumento solista, creativo e imprevedibile.
Il contesto degli anni ’90, segnato da contaminazioni tra funk, metal e psichedelia, ha esaltato la loro unicità. Claypool ha guidato i Primus dentro un percorso che resta inimitabile: tre album fondamentali – SAILING THE SEAS OF CHEESE (1991), PORK SODA (1993), TALES FROM THE PUNCHBOWLS (1995) – tracciano la mappa di questa rivoluzione.
Cose mai viste!
Parlare di Les Claypool significa raccontare l’irruzione di un personaggio che, agli inizi degli anni ’90, ha stravolto un paradigma che sembrava intoccabile nel rock: quello del chitarrista come primo solista della band, leader carismatico della parte strumentale. Claypool e i suoi Primus – creazione ed emanazione diretta della sua personalità – hanno ribaltato le regole. Un po’ come dei Cream stralunati o una Jimi Hendrix Experience sabotata, in cui il basso e il bassista diventano solisti, protagonisti assoluti. Questa rivoluzione è stata possibile per più ragioni. Intanto il periodo storico: tra la fine degli anni ’80 e i primi ’90 il rock accoglie contaminazioni funk, rap, metal, psichedelia e stranezze sperimentali cercando di liberarsi dal torpore patinato degli anni ’80. In quel contesto, un trio allucinato di funk metal e derive zappiane come i Primus era pura aria fresca. C’era poi il ruolo della black music: se la pulsazione più vivida della nuova scena era proprio l’ingresso di rap, hip hop e funk nel rock, lo strumento più naturale per veicolare quel linguaggio era il basso elettrico. Nei Primus tutto gravitava intorno a quello. Soprattutto, però, Claypool era un bassista come non se n’erano mai sentiti prima. Certo, debitore verso giganti come Geddy Lee (Rush), John Entwistle (The Who), Billy Sheehan (Talas, David Lee Roth Band, Mr. Big) o Lemmy (Motörhead), ma capace di portare tutto a un altro livello. Si era nutrito della rivoluzione tecnica che, lontano dal rock, stava cambiando il linguaggio del basso nel funk e nella fusion: da Jaco Pastorius a Victor Wooten, da John Patitucci con la Chick Corea Elektric Band fino a Mark King con i Level 42. In quegli anni lo slap – tecnica che consiste nel percuotere le corde con il pollice e tirarle con le dita per creare un suono percussivo e aggressivo – era il manifesto di quella rivoluzione. Claypool lo maneggiava come un drago. E ci aggiungeva di tutto, persino le armi segrete dei chitarristi metal: tapping, distorsione, leva del vibrato. Cose mai viste prima su un basso elettrico!
Jazzisti sotto acido
La vera bomba, però, è che Claypool non si è confinato in virtuosismi da nicchia fusion-prog. Ha messo il suo talento al servizio delle forze più scure e caotiche del rock: dal thrash metal (dove ha schivato persino l'ingresso nei Metallica) alla psichedelia alternativa, dal funk sporco al rap. I Primus sguazzavano nelle stravaganze più divertenti, seguendo la lezione di Frank Zappa. Il loro suono ha stravolto i canoni: mentre il rock – dai Black Sabbath ai Metallica, dai Sex Pistols ai Nirvana – tendeva a compattare basso e chitarra in riff serrati, incollati alla batteria per costruire muri sonori, i Primus sembravano un ensemble metal di jazzisti freak sotto acido; il basso di Claypool era portante e dominante, inseguito in contrappunto dalla chitarra psicotica di Larry LaLonde e dalla batteria imprevedibile di Tim “Herb” Alexander. Nulla era mai all’unisono: gli arrangiamenti parevano liberi, estemporanei, ma il risultato era enorme, inquietante e cattivo. La formula è stata vincente: i Primus non solo sono piaciuti a pubblico e critica, hanno impazzato tra classifiche ed MTV ma si sono imposti come una delle band più originali mai sentite. E hanno aperto la strada a realtà che avrebbero raccolto quell’eredità, dai System of a Down ai Limp Bizkit fino agli Incubus.
Tre dischi
Ecco tre dischi chiave per capire davvero i Primus. Tre tappe che raccontano il loro suono stralunato, l’evoluzione di una band sempre più fuori dagli schemi e la capacità di restare un unicum nel panorama rock degli anni ’90.
SAILING THE SEAS OF CHEESE (1991) Il secondo album è il vero salto di qualità: la produzione è più curata, la scrittura più definita, ma la follia rimane intatta. È qui che i Primus conquistano un pubblico ampio con brani come “Jerry Was a Race Car Driver” e “Tommy the Cat”, inni che mescolano funk, metal e ironia surreale. Un disco che ha fissato le coordinate del loro universo musicale, unico e inimitabile.
PORK SODA (1993) Qui il suono diventa più cupo, pesante, quasi claustrofobico. “My Name Is Mud” e “DMV” fotografano la loro dimensione più sporca e metallica, senza rinunciare al gioco e all’imprevedibilità. È un album che segna un punto di svolta: i Primus non sono più una curiosità eccentrica, ma un riferimento centrale del rock alternativo e delle sue future derive nu metal.
TALES FROM THE PUNCHBOWL (1995) Con questo lavoro i Primus spingono ancora più in là la sperimentazione: brani come “Wynona’s Big Brown Beaver” e “Southbound Pachyderm” alternano teatralità, sarcasmo e passaggi psichedelici. La produzione è raffinata, i testi sempre più visionari, il basso di Claypool onnipresente ma declinato in modi nuovi. Un album che consolida la loro leggenda e mostra quanto fossero ormai diventati maestri nell’arte di mescolare virtuosismo e nonsense.