History

Ozzy Osbourne: 10 canzoni per scoprire una delle ultime rockstar

A placeholder image for the article
Author image Gianluigi Riccardo

23 luglio 2025 alle ore 17:11, agg. alle 17:29

Forse è impossibile raccontare una vita come quella di Ozzy in poche canzoni. Noi ci abbiamo provato scegliendo 10 brani rappresentativi della sua carriera

Il mondo del rock ha perso uno dei suoi ultimi veri immortali.

La scomparsa di Ozzy Osbourne segna la fine di un’epoca. Non solo per il rock o per l’heavy metal, ma per tutto quel modo di intendere la musica come linguaggio viscerale, teatrale, eccessivo eppure tremendamente umano. Ozzy non era solo il "Prince of Darkness": era un uomo che ha saputo trasformare il dolore, la follia e l’eccesso in arte, in uno stile inconfondibile che ha influenzato almeno quattro generazioni.

Ozzy ha attraversato cinque decenni di suoni e scandali,  ricavando da ogni caduta in un ritorno clamoroso.

Ma come si racconta Ozzy a chi non lo conosce davvero?


Come si spiega a una nuova generazione che il metal, quello vero, nasce anche (e soprattutto) con lui?

Abbiamo scelto 10 canzoni fondamentali per ripercorrere la sua carriera, dagli albori con i Black Sabbath fino alla nuova vita lontana dalla band e il successo della carriera solista, fino alle ballate più intime degli anni ’90.


1. Black Sabbath – “Black Sabbath” (1970)

Il brano che ha cambiato tutto. Si apre con il suono della pioggia, un campanaccio funebre e uno dei riff più minacciosi della storia, costruito su un tritono — un intervallo che, nel Medioevo, veniva chiamato “diabolus in musica”.

La voce di Ozzy entra come un grido disperato: “What is this that stands before me?”. È una domanda esistenziale, l’inizio di un’evocazione.

Questa canzone è la genesi dell’heavy metal. Non c’è nulla di casuale: la lentezza, l’atmosfera, la teatralità e quella sensazione costante di inquietudine.
I Black Sabbath, con Ozzy in testa, rompono con tutto ciò che c’era prima

2. Paranoid – “Paranoid” (1970)

Scritta in una manciata di minuti, quasi per riempire uno spazio vuoto sul disco, “Paranoid” è diventata una delle canzoni rock più iconiche di sempre. Un riff fulminante, una struttura semplice e diretta, e una voce che suona alienata, quasi rassegnata. Ozzy canta della paranoia, dell’ansia, del sentirsi tagliati fuori — temi che oggi chiameremmo “salute mentale”, ma che nel 1970 erano tabù.

Il brano è stato un successo mondiale, portando i Black Sabbath nei jukebox, nelle radio, nelle classifiche. Ma al tempo stesso ha mantenuto la sua carica aliena. È un pezzo heavy, ma incredibilmente accessibile, con un senso di urgenza che lo rende eterno.

3. War Pigs – “Paranoid” (1970)

Una suite di otto minuti che parte come un funerale e finisce come un bombardamento. “War Pigs” è la canzone di protesta per eccellenza del metal, un atto d’accusa contro le guerre, i politici, i generali. Ozzy canta come un profeta arrabbiato, mentre Tony Iommi costruisce riff che sembrano l’avanzare di un carro armato.

Il testo parla di uomini in giacca e cravatta che mandano i giovani a morire. È uno schiaffo alla società, fatto con la forza brutale della musica. militante. Denuncia e arte militante a cui Ozzy, con la sua voce piena di pathos, dà a quelle parole una forza devastante.

4. Children Of The Grave – “Master Of Reality” (1971)

Con questo brano, i Sabbath scendono ancora più in profondità. La chitarra è pesante, il ritmo marziale, il suono quasi claustrofobico. “Children Of The Grave” è un incubo stoner ante-litteram, un groove nero che trascina l’ascoltatore in un’altra dimensione.

Il testo parla di giovani che cercano la pace in un mondo corrotto. È apocalittico e rivoluzionario insieme. Ozzy grida come un predicatore, mentre il basso e la batteria costruiscono un muro di suono primordiale. Una delle tracce più potenti e visionarie del repertorio sabbathiano.


5. Sabbath Bloody Sabbath – “Sabbath Bloody Sabbath” (1973)

Un viaggio psichedelico dentro la mente e l’ansia. “Sabbath Bloody Sabbath” è una canzone stratificata, quasi prog, dove i Sabbath alzano l’asticella. I riff si alternano a momenti onirici, i cambi di tempo si susseguono, la voce di Ozzy passa dalla rabbia al sussurro.
È un brano maturo, complesso, che mostra quanto la band fosse capace di spingersi oltre i confini del metal tradizionale. L’arrangiamento è ricco, cinematografico, e la produzione più curata del solito. È un capolavoro nascosto, spesso sottovalutato.



6. Crazy Train – “Blizzard Of Ozz” (1980)

Il nuovo inizio. Dopo l’uscita dai Sabbath e anni di eccessi, Ozzy torna con un album solista e un chitarrista prodigioso: Randy Rhoads.

“Crazy Train” è il biglietto da visita perfetto. Riff mitico, assolo spaziale, ritornello da stadio. Ma sotto la superficie c’è anche un testo che parla di follia, paura nucleare, alienazione.

Ozzy canta con una energia nuova, più matura. Il brano mescola heavy metal e melodia, con una pulizia sonora che segna il passaggio agli anni ’80. È l’inizio di una seconda carriera, non meno gloriosa.

7. Mr. Crowley – “Blizzard Of Ozz” (1980)

Un’apertura da film horror, un assolo da brividi, un testo enigmatico. “Mr. Crowley” è un omaggio – o una provocazione – dedicata al celebre occultista inglese Aleister Crowley. Ma più che il contenuto, è il suono che colpisce: teatrale, neoclassico, oscuro.

Randy Rhoads è in stato di grazia, Ozzy canta con una teatralità che richiama il rock gotico. È una canzone che crea atmosfera, quasi una mini opera dentro un album heavy metal riprendendo il lato mistico e occulto dei Sabbath, portandolo in una nuova estetica più raffinata, tra dark e prog.

8. Flying High Again – “Diary Of A Madman” (1981)

Al primo ascolto sembra una canzone spensierata, ma dietro il titolo ambiguo si nasconde molto di più. “Flying High Again” è una riflessione ironica e amara su dipendenze, fragilità, e sulla difficoltà di restare in equilibrio. Musicalmente è potente, catchy, con un riff che entra subito in testa.

Randy Rhoads regala ancora magia, ma è Ozzy a sorprendere: canta come se fosse sospeso tra estasi e disperazione, in bilico tra la voglia di vivere e l’autodistruzione.

9. No More Tears – “No More Tears” (1991)

Quasi 8 minuti di pura epica. “No More Tears” è il pezzo che segna l’ingresso di Ozzy negli anni ’90 con uno stile rinnovato ma coerente. L’intro di basso, le chitarre taglienti, la voce che oscilla tra il melodico e il drammatico: tutto funziona alla perfezione.

Il testo parla di ossessione e liberazione, ma anche di fine e consapevolezza. Ozzy non urla più, racconta. È maturo, potente, quasi regale. Il brano è un successo commerciale, ma anche una delle sue prove artistiche migliori.

10. Mama, I’m Coming Home – “No More Tears” (1991)

Una ballata struggente, scritta con l’aiuto di Lemmy dei Motörhead, che racconta il ritorno a casa, la voglia di pace, forse la stanchezza. Ozzy canta con una dolcezza inedita, su una melodia delicata e malinconica.

Il brano è stato un grande successo, entrando nelle classifiche americane e nei cuori di chi non aveva mai sentito Ozzy sotto questa luce. È il suo pezzo più intimo, quasi una lettera aperta.


Altre storie

Leggi anche