History

Oasis, la rumorosa imperfezione di Be Here Now

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Author image Gianluigi Riccardo

19 agosto 2025 alle ore 17:42, agg. alle 19:31

Nell'estate del 1997 gli Oasis pubblicavano il loro album più caotico e rumoroso, ultima testimonianza di una scena sul viale del tramonto

Il 21 agosto del 1997 gli Oasis pubblicavano "Be Here Now", terzo album e ultimo nella formazione storica composta dai fratelli Gallagher con Bonehead e Paul McGuigan.

Un disco che lo stesso Noel riabiliterà dopo aver contestato proprio quella che è la sua caratteristica principale, ovvero l'essere un lavoro ambizioso, eccessivo, rumoroso.

Be Here Now è il documento storico degli Oasis che hanno raggiunto il top della forma e della fama e cominciano, molto lentamente, a collassare sotto droghe, discussioni, tensioni e un muro di suono senza limiti.

Una capsula del tempo che contiene l'arroganza dei Gallagher e lo spirito della scena brit della seconda metà degli anni'90 che la band di Manchester stava trascinando con sé prima di intraprendere una nuova strada.

I laburisti di Tony Blair hanno conquistato il potere, flirtando con la scena musicale locale e strizzando l'occhio all'elettorato più giovane, promettendo l'alba di una nuova rinascita, il sogno della 'Cool Britannia'.

C'è ottimismo nell'aria, le band spuntano in ogni angolo delle città, i giovani della working class sentono di avere una voce, i negozi di dischi devono fare le ore piccole per soddisfare la richiesta dei fan che non vedono l'ora di scoprire quale sarà il nuovo capitolo dell'epopea Oasis dopo il successo incredibile di "(What’s The Story) Morning Glory?" ma, dentro e fuori, qualcosa comincia a scricchiolare.


Una macchina senza freni

L’attesa è quasi religiosa. I media vengono gestiti dal management della band facendo firmare NDAs, la circolazione delle canzoni prima della release è ridotta al minimo, le aspettative sono altissime, il giorno dell’uscita, il 21 agosto 1997, fuori dai negozi ci sono file lunghe chilometri.

È Oasismania allo stato puro e con la pressione del mondo esterno, arrivano anche le tensioni: la band è al limite. Noel Gallagher scrive le canzoni chiuso in stanze d’albergo, circondato da cocaina e scazzi interiori. Liam, sempre più ingestibile, arriva in studio spesso ubriaco, spesso strafatto. Gli Oasis hanno smesso di essere una band. Sono diventati una macchina. Ma una macchina senza freni.

La pressione è insostenibile. “Dovevamo superare Morning Glory – ha raccontato Noel – ma non avevo più niente da dire”. La scrittura è dispersiva, prolissa, più che ispirata è gonfia, un po’ come il disco stesso. Ma è anche per questo che Be Here Now è essenziale: perché racconta una verità nuda e cruda. È il racconto in diretta di un gruppo che sta bruciando tutto, compreso sé stesso.

A differenza dei tanti amati Beatles, gli Oasis non hanno mai tirato il freno a mano cercando un riparo dai riflettori e il risultato  è stata l'esplosione, anche in musica, di una band che stava segnando una generazione.


Loudness War e muri di suono

Musicalmente, Be Here Now è un monolite. Le canzoni durano tutte troppo. I riff si ripetono ossessivamente. Le chitarre sono talmente sovrapposte che è difficile distinguere una traccia dall’altra. È l’apoteosi della cosiddetta “Loudness War”, quella corsa al volume compressissimo che segna gran parte della produzione musicale tra fine anni ’90 e inizio 2000.

Le chitarre sono stratificate fino alla nausea. C’è un muro sonoro che non lascia spazio. Gli assoli sembrano cori da stadio, il suono è confuso ma inspiegabilmente solido allo stesso tempo, frutto della completa sfrontatezza di una band arrivata sul tetto del mondo e con l'arroganza di non aver nulla da dimostrare, al punto di potersi permettere un'apertura come gli otto minuti di D’You Know What I Mean?, una dichiarazione di guerra: rumorosa, sfacciata, monumentale.

Eppure, in mezzo a questa massa sonica, emergono momenti di grandiosa bellezza. Don’t Go Away, ad esempio, è una delle ballate più struggenti mai scritte da Noel. In Stand By Me c’è ancora quella malinconia da pioggia inglese che aveva fatto innamorare milioni di ragazzi. E Fade In-Out, con il wah wah furioso e l’ospitata (non accreditata) di Johnny Depp alla slide guitar, è uno dei brani più sperimentali della loro carriera.



Un successo immediato, un’ombra lunga

Quando Be Here Now esce il 21 agosto 1997, la risposta del pubblico è immediata e travolgente.

In sole 24 ore, l’album vende 424.000 copie nel Regno Unito, stabilendo un nuovo record per il debutto più veloce della storia del mercato britannico (battuto solo anni dopo da Adele con 25). A fine settimana, il disco raggiunge 696.000 copie vendute in UK, un dato che rimane tuttora tra i più alti per un album in una settimana nel Regno Unito.

A livello globale, nel primo mese, Be Here Now supera i 3 milioni di copie vendute. Entro la fine del 1997, la stima sale a oltre 8 milioni in tutto il mondo. L’album raggiunge il primo posto in 15 Paesi, inclusi Stati Uniti, Giappone, Australia, Germania e naturalmente Regno Unito.

Tuttavia, il dato più significativo è forse la velocità con cui le vendite si sono esaurite. Dopo un boom iniziale, alimentato dall’aspettativa enorme e dalla fanbase consolidata, la curva si appiattisce rapidamente. Diversamente da Morning Glory, che ha avuto una lunga “coda” commerciale e ha continuato a vendere per anni, Be Here Now mostra segni di saturazione molto presto. È un successo fulmineo, ma non particolarmente sostenibile.




Al momento della pubblicazione, la reazione della stampa musicale è entusiasta. Q Magazine gli assegna 5 stelle su 5. NME parla di un lavoro "più ambizioso e grandioso che mai". Anche testate internazionali come Rolling Stone e Spin lodano l’album per la sua portata epica.

Ma qualcosa cambia molto rapidamente. Già a poche settimane dall’uscita, le voci più caute iniziano a emergere. Le recensioni post-hype diventano più critiche

Forse il giudizio più severo nei confronti di Be Here Now è arrivato proprio da Noel Gallagher. In diverse interviste tra il 2000 e il 2010, Noel ha più volte definito il disco un fallimento artistico, frutto di uno stato mentale alterato dalla droga e da una percezione distorta del proprio potere creativo.

Nel documentario Supersonic (2016), afferma senza mezzi termini:

"L’unico modo per rendere giustizia a quel disco sarebbe stato chiamare un produttore vero, tagliare metà delle canzoni e registrare da sobri. Ma non eravamo in grado di farlo. Eravamo pazzi, totalmente fuori controllo."




Liam Gallagher, invece, ha avuto un atteggiamento più difensivo. Per quanto riconosca la megalomania del disco, ha sempre mostrato un certo affetto per la sua grandezza fuori scala. In un tweet del 2020 ha scritto:

"Be Here Now è come un cinghiale che suona la chitarra. Sporco, rumoroso, inarrestabile. E va benissimo così."

Negli ultimi dieci anni, l’album ha conosciuto una forma di rivalutazione, non solo da parte dei fan storici, ma anche da parte di una nuova generazione di ascoltatori e critici che ne apprezzano l’onestà eccessiva, la sfrontatezza e il suo valore come documento culturale di fine secolo.

Un ruolo importante nella rivalutazione l’ha avuto anche il contesto storico: Be Here Now è oggi visto come un punto di non ritorno per la cultura britannica, un’ultima esplosione di grandeur prima dell’arrivo della crisi post-britpop, del minimalismo degli anni 2000 e della ridefinizione dell’identità musicale del Regno Unito.



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