Muse: una chitarra da Metal estremo accende l’ispirazione di Matt Bellamy
19 luglio 2025 alle ore 11:51, agg. alle 19:34
Una chitarra a 8 corde accende l’estro di Bellamy. I Muse flirtano col Djent e lo fondono a prog, pop ed elettronica, senza rinunciare alla loro identità sonora
"Unravelling", brano presente nella nostra Top20, è il nuovo singolo dei Muse e fotografa un momento di grande ispirazione per la band. Alla base di tutto c’è uno strumento estremo: una chitarra elettrica a 8 corde, sinonimo di Djent, il metal più tecnico e violento di band come Meshuggah e Animals As Leaders.
Proprio mettendo le mani su questa chitarra, Matthew Bellamy ha trovato il riff che ha dato vita al pezzo. Un brano che si inserisce nel caleidoscopio sonoro dei Muse, capaci di far convivere prog, pop, elettronica e ora anche Djent, senza mai smarrire coerenza, identità e una visione stilistica inconfondibile.
Djent e 8 corde
La prima cosa da dire, davanti a "Unravelling", il nuovo singolo dei Muse, è che ci troviamo ancora una volta davanti alla capacità straordinaria di questa band – e di Matthew Bellamy in particolare – di intercettare i suoni, le estetiche e le tendenze più estreme del rock. E piegarle, ogni volta, alla loro visione musicale, rendendole accessibili e fruibili anche in un contesto da classifica. È successo in passato con il metal, con il prog, con l’elettronica; e adesso succede con il Djent, una delle correnti più tecniche, dure e innovative del metal degli ultimi decenni. Il Djent è un sotto-genere estremo, costruito su riff sincopati, accordature bassissime e ritmiche complesse. I Meshuggah, con la loro iper-tecnica derivata dal thrash e contaminata da spiriti prog e math rock, sono stati i pionieri. Gli Animals as Leaders, invece, ne hanno esplorato il lato più astratto, inserendo dentro a quelle architetture brutali elementi fusion, atmosfere art rock e raffinatezze jazz. A partire da queste coordinate, Bellamy ha assorbito tutto questo, l’ha fatto suo e l’ha riversato dentro "Unravelling", sfruttando una nuova chitarra a 8 corde, la Manson Oryx, realizzata su sue specifiche dal marchio che lui stesso possiede. In passato, Bellamy aveva già sperimentato con chitarre con un numero più esteso di corde: nel 2001 "Citizen Erased" mostrava un uso visionario della 7 corde, il suo sequel "The Globalist" proseguiva sulla scia di riff bassissimi e cupi, mentre "Kill or Be Killed" del 2022 estremizzava ancora di più le accordature per ottenere un suono esagerato.
Un basso e una chitarra nello stesso strumento
In "Unravelling" Bellamy costruisce un groove potente che fonde la marcia robotica dei Meshuggah con l’attitudine funky-industriale alla Tom Morello. E lo fa attraverso un suono modellato da strumenti che lui stesso contribuisce a progettare: chitarre con Fuzz (effetti di distorsione estremamente pronunciata) integrati nel corpo e pad Kaoss – piccoli touchpad che permettono di manipolare i suoni in tempo reale, quasi come se la chitarra fosse un sintetizzatore. Non è solo sperimentazione: è identità. Perché al netto della poliedricità che lo porta a esplorare pop, classica ed elettronica, Bellamy resta prima di tutto un grande chitarrista elettrico. Visionario, tecnico, creativo e sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo. "Unravelling" rappresenta un nuovo capitolo per i Muse, anche per come è nata: “È la prima volta che uso una chitarra a otto corde – ha raccontato Matthew Bellamy alla BBC – ed è come avere un basso e una chitarra nello stesso strumento. È incredibile. L’ho presa in mano e il primo riff che è uscito è diventato la canzone. A volte basta uno strumento nuovo per far nascere qualcosa di davvero diverso”. Quel qualcosa ha preso la forma di un brano pensato fin dall’inizio per il palco: “Ci siamo detti: facciamo un pezzo pesante, da suonare dal vivo. Poi è venuto tutto naturale. Abbiamo pensato che valesse la pena registrarlo subito. Forse è davvero il primo brano del nostro nuovo ciclo creativo”.
Inglobare e metabolizzare stili e influenze
A livello sonoro, "Unravelling" è costruita come un organismo a due teste: un’introduzione ipnotica, sorretta da arpeggi di synth e sequenze elettroniche che richiamano le atmosfere più oscure di "The 2nd Law", e un’esplosione improvvisa di riff pesanti e graffianti, scolpiti nella materia densa della nuova chitarra a otto corde. La produzione è firmata da Dan Lancaster (già al lavoro con Bring Me The Horizon e Blink-182), che accompagna la band anche dal vivo, contribuendo con synth e chitarre a dare spessore al suono. Il brano alterna tensione elettronica e slancio rock, con momenti di pura apocalisse chitarristica e aperture melodiche che riconducono al pathos tipico dei Muse. Sullo sfondo si avvertono influenze che vanno dai power trio anni ’70 alla drammaticità epica del metalcore moderno, in un intreccio che unisce potenza e teatralità. Eppure, ed è qui il punto, nonostante il calderone indescrivibile in cui i Muse riescono a far convivere il loro pop drammatico, l’incedere epico da power trio anni ’70, l’elettronica sinfonica e ora persino le pulsazioni più feroci del djent metal, ciò che sorprende è che, nell’insieme, tutto suoni – inequivocabilmente – Muse. È questa la prova più evidente del carattere di una band che riesce a inglobare e metabolizzare ogni stile e influenza, senza mai annacquare la propria identità. Al contrario, rafforzandola ogni volta di più.