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La storia del litigio che spinse Joe Perry ad abbandonare gli Aerosmith

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Author image Gianluigi Riccardo

28 luglio 2025 alle ore 14:39, agg. alle 15:18

Il 28 luglio 1979, durante una data del tour, un litigio portò Joe Perry ad abbandonare per la prima volta gli Aerosmith, nei quali rientrerà solo cinque anni dopo

Il 28 luglio del 1979 Joe Perry, storico chitarrista degli Aerosmith, abbandona per la prima volta la band in seguito ad un litigio avvenuto dietro le quinte.

Nel backstage dell’Hollywood Sportatorium di Pembroke Pines, Florida, il 28 luglio 1979, qualcosa si ruppe in modo definitivo. O quasi.

Quel giorno, Joe Perry lasciò gli Aerosmith. E anche se ci sarebbero voluti anni prima che la band stessa ne accettasse del tutto le conseguenze, quello fu il momento in cui l’epoca d’oro degli Aerosmith — almeno la prima — andò in frantumi.

A vederli da fuori, gli Aerosmith del ’79 erano ancora una delle più grandi rock band americane degli anni ’70.

Ma dentro c'era troppo di tutto: troppi eccessi, troppe tensioni, troppi non detti che da mesi ormai stavano montando fino a portare a una rottura che sembrava insanabile.

La goccia arrivò quella sera d’estate, poco dopo un’esibizione accolta da un pubblico ancora entusiasta. Ma dietro le quinte, i sorrisi di facciata si spegnevano in fretta.

I Toxic Twins e un album a metà

Steven Tyler e Joe Perry erano la coppia creativa e distruttiva per eccellenza. Li chiamavano i Toxic Twins, e non per caso. Alcol, cocaina, eroina, pillole, quaalude, qualsiasi cosa passasse da una narice o da una vena era parte del loro equilibrio fragile e tossico. Funzionava — almeno finché la musica andava avanti e i dischi vendevano.

Tra il 1973 e il 1977, gli Aerosmith erano esplosi vertiginosamente: Toys in the Attic e Rocks erano diventati album fondamentali del rock statunitense. Ma già al tempo di Draw the Line (1977), qualcosa aveva cominciato a incrinarsi.

Le registrazioni erano state caotiche, e anche se il disco aveva venduto bene, era chiaro che l’ispirazione era soffocata da un contesto ormai fuori controllo.

Il tour del 1978, poi, fu un disastro annunciato. La band era ridotta a un circo stanco, trainato più da obblighi contrattuali che da reale voglia di suonare.

Tyler era spesso incoerente sul palco, dimenticava i testi. Perry si chiudeva sempre di più in sé stesso. La coesione era un ricordo. E quando si entrò in studio per registrare quello che sarebbe diventato Night in the Ruts, la situazione era ormai ingestibile.

Night in the Ruts è forse il disco meno “aerosmithiano” della prima era. Non perché manchino spunti rock — anzi, la cover di “Remember (Walking in the Sand)” è ancora oggi tra i momenti più interessanti — ma perché si tratta di un album registrato con la band in pezzi. J

oe Perry lasciò prima che fosse finito. Alcuni assoli furono completati da altri chitarristi (tra cui Jimmy Crespo, che prenderà il suo posto).

Alcuni brani vennero rifatti più volte, tra assenze e scomparse improvvise in studio.

Il malessere non era solo artistico. C’erano tensioni economiche, personali, psicologiche. Joe Perry era esasperato. Non si sentiva ascoltato, né dalla band né dal management. Tyler era sempre più instabile, e le continue richieste della casa discografica aggravavano la pressione. Il tour in corso per promuovere un disco ancora incompleto peggiorava le cose.


Il litigio nel backstage

Il 28 luglio 1979 gli Aerosmith erano attesi all’Hollywood Sportatorium di Pembroke Pines, in Florida, per una tappa del loro tour estivo. Si esibirono davanti a circa 12.000 persone. Sul palco tutto sembrava reggere, ma dietro le quinte l’atmosfera era elettrica. Da settimane i rapporti tra i membri della band si erano deteriorati. I dialoghi erano sempre più brevi, le sessioni in studio caotiche, e ogni momento condiviso al di fuori del palco si trasformava in una potenziale miccia.

Quella sera, il detonatore fu una lite tra Elyssa Jerret, la compagna di Joe Perry, e Terry Cohen, la moglie del bassista Tom Hamilton. Secondo i racconti di chi c’era, fu una discussione nata da poco o nulla — un commento tagliente, un’occhiata di troppo — ma degenerò rapidamente. Volarono parole grosse, poi oggetti. Alcuni dicono che Elyssa rovesciò del latte addosso a Terry; altri parlano di un drink lanciato contro una parete. In ogni caso, la tensione esplose.

Steven Tyler si precipitò nel backstage, già provato da una performance frustrante. Vide la scena e se la prese immediatamente con Joe Perry, accusandolo di non avere il controllo sulla sua compagna e di portare scompiglio nel gruppo. Perry rispose a tono.

Le parole furono pesanti, non solo per il contenuto ma per la stanchezza e il risentimento con cui vennero dette. Da tempo, Perry si sentiva isolato, messo da parte nelle decisioni artistiche e nelle dinamiche interne. Non gli fu difficile trovare il punto di rottura.

“Fanculo, me ne vado,” fu la frase — raccontata più volte in interviste successive — con cui Joe chiuse la conversazione. Nessun gesto teatrale. Nessuna scena. Lasciò il backstage con passo deciso e non si voltò. Alcuni credettero fosse uno sfogo passeggero, uno dei tanti. Ma stavolta non tornò indietro.

Il giorno dopo, il manager David Krebs venne informato: Joe Perry era fuori. Il suo addio fu tanto improvviso quanto definitivo. Non ci fu conferenza stampa, né comunicato ufficiale immediato. Solo, da lì in avanti, un posto vuoto sul palco, che sarebbe stato temporaneamente occupato da Jimmy Crespo.



The Joe Perry Project e l'impatto dei Van Halen

Joe Perry non rimase fermo. Subito dopo l’addio fondò The Joe Perry Project, un tentativo di tornare alle origini, a un rock più ruvido, meno elaborato, più diretto. Il debutto, Let the Music Do the Talking (1980), ricevette buone critiche. Era un disco energico, spontaneo, registrato in poche settimane. Perry era tornato a divertirsi.

Ma non era la stessa cosa. Gli Aerosmith, nel frattempo, cercavano di sopravvivere con Crespo al posto di Perry. Tyler, sempre più consumato dalle droghe, crollò nel 1980 sul palco. Le date vennero cancellate. L’album Rock in a Hard Place (1982), pur mostrando spunti interessanti, fu un flop commerciale.

Fu durante questo periodo che i Van Halen emersero come nuova forza dominante nell’hard rock americano. Giovani, divertenti, potenti, portavano in scena quello che gli Aerosmith avevano incarnato qualche anno prima. Eddie Van Halen rappresentava, agli occhi di molti, ciò che Joe Perry era stato e avrebbe potuto ancora essere. Il confronto era inevitabile. E bruciante.

"Dovevo solo prendermi cura di me stesso", dirà Perry in un'intervista a Guitar Worl"La mia vita personale non era un granché e dovevo farci i conti. Ci avevo fatto i conti e sapevo che era ora di andarmene. Ma sentivo anche che dovevamo essere più aperti alle nuove idee."

"Eravamo entrati negli anni '80, e ricordo ancora di aver ascoltato il primo disco dei Van Halen e di averlo adorato. Voglio dire... che disco fantastico!" ha aggiunto Perry, prima di riflettere sull'impatto personale di Eddie Van Halen su di lui. "Il modo in cui Eddie suonava la chitarra era semplicemente incredibile; girava la chitarra in modo fottutamente strano e faceva cose che non avevo mai sentito prima. Sapevo che era ora di una pausa perché servivano nuove idee. Ma avevamo anche bisogno di rivedere i nostri punti di vista e imparare di nuovo ad andare d'accordo. Ricordo di aver detto: 'Non siamo pronti per gli anni '80'. Non so perché l'ho detto; era solo un'atmosfera o una sensazione che avevo."


Il ritorno di Joe Perry nel 1984

Quando Joe Perry lasciò gli Aerosmith, nessuno si aspettava davvero un ritorno. Lui stesso non lo prevedeva. Aveva dato tutto quello che poteva a quella band, e ne era uscito svuotato. Ma anche fuori dagli Aerosmith, la realtà non era semplice. I Joe Perry Project avevano buoni spunti, un primo album convincente (Let the Music Do the Talking, 1980), ma senza l’alchimia di Tyler e soci mancava la scintilla.

Nel frattempo, gli Aerosmith senza Perry arrancavano. Dopo l’ingresso di Jimmy Crespo, la band cercò di tenere il passo con l’industria musicale che stava cambiando. Ma il disco del 1982, "Rock in a Hard Place", fu un mezzo fallimento. Steven Tyler era fisicamente e mentalmente a pezzi, sempre più schiavo di eroina e quaalude. I live erano irregolari, alcuni annullati per collassi fisici del frontman. La stampa iniziava a parlare degli Aerosmith al passato.

Fu in questo vuoto, tra due entità incomplete, che iniziò a farsi largo l’idea di un ritorno. A partire dal 1983, Tyler e Perry cominciarono a parlarsi di nuovo. Le prime conversazioni erano nervose, caute. Ma sincere. Nessuno dei due aveva più molto da perdere, ed entrambi sapevano che la forza della band era in quell’equilibrio fragile che avevano distrutto — ma che forse potevano anche ricostruire.

C’era anche un fattore esterno che influenzava quella fase: i già citati Van Halen. Con la loro ascesa tra la fine dei ’70 e l’inizio degli ’80, il gruppo di Eddie Van Halen aveva riscritto le regole dell’hard rock americano. Gli Aerosmith erano l’ombra di ciò che erano stati. E Joe Perry lo sapeva. Il confronto era umiliante, ma anche un incentivo. O si cambiava rotta, o si spariva del tutto.

Nel 1984, con l’aiuto di Tim Collins — nuovo manager della band — si gettarono le basi per la reunion. Perry e Brad Whitford (anche lui uscito nel frattempo) tornarono ufficialmente. La band si chiuse in studio per registrare Done with Mirrors, un disco interlocutorio pubblicato nel 1985, non memorabile ma essenziale per ristabilire dinamiche e ruoli.

Il vero turning point arrivò un anno dopo, nel 1986, grazie a una collaborazione imprevista: Run-DMC e la nuova versione di “Walk This Way”. Quello che doveva essere un semplice featuring diventò una resurrezione artistica. Tyler e Perry si ritrovarono di nuovo in uno studio, a fare ciò che sapevano fare meglio: contaminare, rischiare, suonare insieme.

Da lì in avanti, gli Aerosmith furono pronti per la seconda vita.

Con Permanent Vacation (1987), Pump (1989) e Get a Grip (1993), tornarono in cima al rock mondiale. Ma nulla di tutto ciò sarebbe stato possibile senza quel lento, doloroso ritorno partito da una lite e da un addio nel backstage della Florida.




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