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La baby pensione degli Oasis. Cosa ne sarà dei Gallagher?

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Author image Doctor Mann

19 dicembre 2025 alle ore 14:20, agg. alle 16:04

Il 2025 come il 1995 e la baby pensione degli Oasis. Ha senso per i Gallagher un secondo giro di tour ?

Tutti sapevano, in pochi volevano crederci.

La reunion di casa Gallagher, con quell’ingresso da brividi sul palco di Cardiff alla data iniziale, i fratelli che incedevano verso il centro scena come se negli ultimi decenni non se le fossero mai dette o date, era stato percepito dagli irriducibili degli Oasis quale prologo di una liturgia di riconciliazione, non solo tra Liam e Noel, ma anche come un risarcimento generazionale.

Del tipo “il tempo sana ogni ferita, i dissidi saranno ricomposti, una cicatrice sull’anima sarà il segno che finalmente abbiamo smesso di sanguinare”.

E, soprattutto, che gli anni Novanta non sono mai trascorsi.

Che cazzo, le canzoni sono lì, potenti come sempre, le nostre pancette da birra spariscono per magia, siamo rimasti giovani, ribaldi, miracolosamente espulsi da una time capsule in cui le età sono state congelate, e definitely, più che maybe, siamo riusciti a fottere quest’epoca bastarda, quasi bastassero un parka o un riff a toglierci di dosso la velenosa sensazione che il ventunesimo secolo sia peggiore di quello precedente.

Era bastata la passeggiata d’onore dei due testedicazzo in terra di Galles, quel primo stadio il tempio in cui si celebrava la liturgia di un tour glorioso, eroico, finanche distopico: gli Oasis sono tornati? E mica è solo un live rock, questo è il futuro luminoso che si annuncia all’orizzonte.


La pausa di riflessione annunciata

La pax mancuniana vale da insegnamento per tutti, viva Liam e Noel che nel 2025 sono solo alle prese con il primo atto della campagna, poi il prossimo anno passeranno pure da noi a godersi il trionfo. E ci si era dimenticati che ovviamente fosse tutto solo un maledetto trucco da showbiz, un miliardo e due di sterline come indotto, a giochi fatti, e una bella fetta di torta per entrambi gli scavezzacolli, con la clausola contrattuale che avrebbero incassato i bonifici solo a operazione completata.

Nel senso che se vi prendete a chitarrate come in quella maledetta notte parigina del 2009 non vedrete il becco di un quattrino. Un cashflow da deposito di Paperone, tale da rendere ininfluente la sincerità di questa riconciliazione che serviva solo per far abboccare i fan più sprovveduti, gli ingenuotti abbacinati dal cinismo dello star-system, e pure quelli che avevano capito ma chissenefrega, godiamoci lo show.

Ognuno, pro quota, gabbato dagli Oasis, che con questa cosiddetta “pausa di riflessione” annunciata dopo l’ultimo bis in Brasile a novembre hanno stipato in freezer la leg europea del 2026 e la rilucidatura live del loro repertorio.

Liam ha parlato, e a meno che non sia uno dei suoi tipici trastulli notturni da perculatore di follower, giura che nisba, l’evento dell’anno che verrà sarà semmai il Mondiale di calcio, nulla che interessi l’agenda degli Oasis.



Gli Oasis nel 2027? Per ora si godono la baby pensione

E nel 2027? Boh, ha sottolineato il frontman, se si torna saranno scalette con solo i pezzi firmati da Noel, che intanto rientra nel suo spazio personale per sfornare un disco solista. Fosse per me, assicura Liam, passerei la vita a cantare gli Oasis, però il mio fratellone come al solito complica le cose, prendetevela con lui anche se tace.

E ci risiamo con le frecciate, le liti e le beghe, con sommo scorno anche degli impresari tricolore che per annunciare le date italiane della band avevano chiesto pazienza, perché le decisioni sarebbero state prese “dopo la stringa di Wembley”. Peccato che, una volta passata Londra e pure quella parte di mondo che si era goduta gli Oasis, sia arrivata la doccia fredda.

Certo, erano circolate date false del nuovo giro continentale, dentro c’era pure un doppio San Siro. Balle, fake news. Di vero c’era una reale opzione su Milano, con lo stadio che tuttavia era andato man mano inzeppandosi di prenotazioni di concerti per big internazionali o nostrani, e in alternativa un formidabile poker all’Olimpico.

Più il Circo Massimo, volendo anche Lucca. Invece niente.

Lo stop racconta verità scomode: per esempio che una volta rimpinguato il conto in banca e constatato - per puro narcisismo - che l’amore degli ultrà del britpop non era mai venuto meno, che senso avrebbe avuto una seconda stagione della reunion? Cosa c’è ancora da raccontare, o da ramazzare?

Il freno a mano tirato ci dice che sì, i Nineties sono un retaggio del passato, un calendario strappato e gettato nella pattumiera, e che se Liam accetta di fare la seconda ruota del carro, senza Noel non si va da nessuna parte.

Per giunta, Noel rivendica la sua libertà d’artista: non sono un pappagallo che ripete logori refrain, voglio volare su foreste inesplorate. Tanto il principe sono io, mica quel bastardo del mio consanguineo.

Detto fra noi delusi: senza un nuovo disco di inediti Oasis la riunione è una pataccata da effetto nostalgia.

Ci siamo cascati, come dei fessi, dimenticando che la vena creativa di una grande band - al netto di zuffe interne - non supera quasi mai il decennio. Lo certificarono i Beatles. E i Gallagher già mostravano il fiato corto all’alba del Duemila. So long, mates. Godetevi la baby pensione.


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