Kasabian, Pizzorno: un regista che fonde club e stadi
15 dicembre 2025 alle ore 16:19, agg. alle 11:02
La mente dei Kasabian, tifoso del Genoa da Leicester, ha saputo fondere la club culture agli inni da stadio per definire il sound britannico degli anni 2000
Nel rock britannico degli ultimi vent’anni, pochi musicisti sono riusciti a incidere in modo così profondo senza occupare stabilmente il centro della scena.
Sergio Pizzorno è uno di questi. Autore, chitarrista, produttore e mente creativa dei Kasabian, Pizzorno ha contribuito a definire un linguaggio musicale immediatamente riconoscibile, capace di tenere insieme elettronica, rock e cultura popolare inglese.
Più che un semplice musicista, è stato – e continua a essere – un architetto del suono, una figura che ha lavorato sulla struttura delle canzoni e sull’identità della band con un approccio spesso silenzioso, ma decisivo.
Pizzorno, il regista dei Kasabian
Quando si parla dei Kasabian, il nome di Sergio Pizzorno è stato legato soprattutto al lavoro dietro le quinte. Fin dagli esordi, il suo contributo principale non è stato quello del chitarrista tradizionale, ma del compositore e arrangiatore. Pizzorno ha costruito brani pensati come blocchi sonori, dove riff, beat e linee vocali convivono senza che uno prevalga nettamente sugli altri.
Canzoni come Club Foot o L.S.F. mostrano bene questo approccio: strutture semplici, quasi elementari, che però funzionano come meccanismi perfetti. Il suo stile evita il virtuosismo e punta sull’impatto, su idee musicali che si imprimono immediatamente nella memoria. In questo senso, Sergio Pizzorno ha incarnato una figura sempre più rara nel rock contemporaneo: quella del musicista che pensa prima all’identità collettiva della band e solo dopo al proprio ruolo individuale.
E questo ben prima che - i noti casi di cronaca che hanno portato la band ad allontanare il cantante Tom Meighan - gli regalassero anche il centro del palco.
Tra rock ed elettronica: il linguaggio ibrido di Pizzorno
Uno degli elementi che rendono Sergio Pizzorno centrale nel panorama del rock britannico è la sua capacità di fondere mondi diversi senza forzature.
Nei Kasabian, l’elettronica non è mai stata un semplice abbellimento, ma una componente strutturale della scrittura. Drum machine, synth e loop convivono con chitarre distorte e riff secchi, creando un equilibrio che ha permesso alla band di parlare sia al pubblico rock sia a quello della club culture.
Brani come Fire o Days Are Forgotten funzionano proprio per questa doppia natura: sono canzoni da palco e da stadio, ma anche tracce che dialogano con l’estetica dance ed elettronica britannica.
Pizzorno ha spesso dichiarato di scrivere pensando all’energia fisica della musica, a come un brano “si muove” nello spazio.
È una visione quasi architettonica del suono, che spiega perché molte canzoni dei Kasabian risultino ancora oggi attuali, al di là delle mode.
Un’eredità che va oltre le canzoni
Ridurre Sergio Pizzorno a una lista di brani o successi rischia di non coglierne il peso reale.
La sua importanza sta soprattutto nell’aver contribuito a ridefinire cosa poteva essere una band inglese negli anni Duemila e oltre.
Lontani dal britpop nostalgico e dal rock classico, i Kasabian hanno rappresentato un’Inghilterra diversa: urbana, contaminata, figlia tanto dei club quanto degli stadi popolati da fan degli Oasis ( e da lui stesso, talento sopraffino palla al piede).
In questo percorso, Pizzorno ha incarnato una figura quasi laterale, ma centrale nelle scelte artistiche.
Album come Velociraptor! o 48:13 mostrano una band in costante movimento, capace di cambiare pelle senza perdere riconoscibilità. È forse questa la sua qualità più duratura: aver costruito un suono che si riconosce in pochi secondi, indipendentemente dall’epoca o dal contesto. Un risultato che, nel panorama musicale contemporaneo, vale più di qualsiasi classifica.