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John Bonham all'asta e il ricordo dell'unica reunion dei Led Zeppelin

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Author image Gianluigi Riccardo

10 dicembre 2025 alle ore 13:45, agg. alle 14:16

Nei giorni in cui si celebra l'anniversario dell'unica reunion dei Led Zeppelin avvenuta nel 2007, gli abiti di John Bonham sono stati battuti all'asta

Il 27 novembre 2025, la casa d’aste Fieldings Auctioneers di Stourbridge ha aperto le buste per la vendita dei cimeli appartenuti a John Bonham, aprendo anche una finestra su alcuni aspetti inediti nella vita del leggendario batterista dei Led Zeppelin.

A portare gli oggetti in asta è stato suo cognato, Allan Weaver, che ha spiegato come quei capi non dovessero rimanere chiusi in un magazzino: "Voglio che la gente li veda, che possano apprezzarli", ha detto.

Tra i lotti messi all'asta, un abito di velluto blu, perfetto per evocare le atmosfere e il look degli anni '70 — aggiudicato per £3.800 e anche abiti indossati da 'Bonzo' in momenti diventati un piccolo pezzo di storia del rock.

Sorprendente, ad esempio, è stata la vendita di una camicia in stile western, una di quelle indossate da Bonham nel celebre film-concerto The Song Remains The Same: quella camicia è stata venduta per £12.200, mentre altre due (sempre in stile western) sono andate via per £4.700 e £4.200.

Altri pezzi all’asta includevano un cappotto di pelle — il quale, secondo alcune fonti, sarebbe stato confrontato con un indumento usato da Bonham per la cover del secondo album della band — ma senza conferme definitive sull’identità precisa dell’oggetto.

I weekend 'rovinati' di Bonham

Weaver, nel corso dell’asta, ha confessato che spesso Bonham tornava da concerti o serate con abiti rovinati: l’atelier londinese che li confezionava, la sartoria Robinson Bespoke, gli rifaceva ex novo i capi ogni volta.

"Usciva con un abito al venerdì, lo riportava lunedì distrutto e ce ne chiedeva sempre un altro uguale". 

Al di là del valore economico, comunque importante, anche dei semplici vestiti, come spesso accade nelle aste, diventano una sorta di ponte virtuale per fan e collezionisti che cercano di 'entrare in contatto' con figure leggendarie come quella del batterista dei Led Zeppelin.

Per il cognato Allan Weaver, invece, gli abiti erano ricordi vivi di una vita trascorsa tra pub, risate, e serate tra amici.

"Le persone mi chiedevano: 'Com’è John?' Io rispondevo: “È mio cognato, andiamo giù al pub a prenderci due pinte e farci due risate".

Alla chiusura del martelletto, la cifra complessiva raggiunta dall’asta si è attestata attorno alle £50.000 — circa 57.000 euro.


Il dopo‑Bonham per Led Zeppelin: un’ombra lunga quasi mezzo secolo

Quando John Bonham morì il 25 settembre 1980 a soli 32 anni, per i Led Zeppelin non ci fu modo di continuare come prima. La band, come spiegato tempo dopo dal chitarrista Jimmy Page, non era una entità aziendale, ma un “affare di cuore”: ogni singolo membro era indispensabile per la somma totale. 

Dopo la sua scomparsa, la band decise che non avrebbe mai più preso un sostituto fisso. Un rispetto — e un dolore — che ha imposto silenzio, o quasi. Ci furono tentativi, prove di ricostruzione, ma la magia non fu la stessa. Le energie, l’alchimia, quel feeling impossibile da replicare: troppo forte il vuoto lasciato da Bonham.

Nel 2007 però, in occasione di una serata speciale alla Wembley Arena, tornò sul palco il figlio di Bonham, Jason Bonham — un ritorno che molti videro come l’unico modo dignitoso di riaccendere per una sera la vecchia fiamma. Jason prese il posto del padre dietro la batteria, con l’intento non di sostituire, ma di omaggiare. 

Eppure, nonostante l’emozione, quel concerto fu concepito come un evento isolato: non un punto di partenza. Robert Plant, il cantante, avrebbe manifestato nel tempo il proprio conflitto interiore: riconoscere l’abilità di Jason ma sapere che creare “qualcosa di nuovo” senza John non sarebbe stato autentico. 

La reunion del 2007: emozioni, dubbi e un’occasione unica

Il 10 dicembre 2007, alla The O2 Arena di Londra, i Led Zeppelin tornarono sul palco — per una sola notte — per celebrare la memoria di Ahmet Ertegun, fondatore della loro storica etichetta, la Atlantic Records. In quella occasione sul palco salirono i tre membri “in vita”: Jimmy Page alla chitarra, Robert Plant alla voce e John Paul Jones al basso/keyboard, accompagnati da Jason Bonham — figlio del leggendario batterista scomparso — alla batteria. 

Le prove che precedettero il concerto durarono circa sei settimane: fu un tempo in cui, come disse Page, non si sentiva “il figlio di John Bonham che suona”, ma un batterista vero, parte integrante della band. 

 Jason stesso dichiarò, dopo lo show, che quella serata lo “reinventò come artista e lo fece rinascere come persona”: non fu solo suonare, ma ritrovare un posto, una dignità, un’eredità che andava onorata. 

Come spiegò Page, la reunion non nacque per soldi o per ripartire come band permanente, ma “per rendere omaggio ad un uomo e per far vedere a una nuova generazione cos’era veramente Led Zeppelin”. 

Molti fan, oggi, guardano indietro a quella notte come all’ultimo atto di un’era sacra — un addio consapevole, fatto con la testa e con il cuore — e considerano quel concerto come la chiusura di un cerchio. E per Jason Bonham, suonare quella sera fu un modo per dare al padre, il batterista della band, un ultimo, degno tributo. 

Il tour che sarebbe potuto essere — e che non fu

Dopo la reunion, le cose sembravano aver preso una direzione ben precisa: il chitarrista Jimmy Page, in più di un’intervista, dichiarò che loro — Page, Jones e Jason — erano “personalmente pronti” a portare lo spettacolo in tour. 

Era una sensazione forte, alimentata dal fatto che le prove erano filate lisce, e la chimica — seppure cambiata — sembrava ancora viva. 

Eppure, quel tour non arrivò mai. A bloccare ogni slancio fu fondamentalmente la volontà del cantante Robert Plant: come spiegò lo stesso Page, dopo la reunion non ci fu “nessuna discussione” reale su un ritorno stabile. 

Plant ribadì molte volte di non voler trasformare i Led Zeppelin in una “macchina da greatest hits in tour": per lui, la band non era un jukebox da riempire di date e nostalgie, ma un’esperienza d’arte, istantanea, pura — che non doveva diventare mera ripetizione. 

Jason Bonham, pur con speranza, comprese il desiderio del frontman: "Sapeva quanto amasse suo padre — e che non avrebbe potuto fingere di ricreare quella magia senza di lui", si disse a proposito di una conversazione con Plant. 

Da quel momento, per la band fu chiaro: quella notte fu speciale, ma unica. 

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