“Into the Great Wide Open”: il manifesto del rock libero di Tom Petty
20 ottobre 2025 alle ore 11:56, agg. alle 12:59
Tra tradizione e modernità, Tom Petty è l’anima libera ed eccentrica del rock americano. INTO THE GREAT WIDE OPEN ne svela il cuore più autentico e ispirato.
Nato il 20 ottobre 1950, Tom Petty è una delle figure più luminose e coerenti del rock americano. Con i suoi Heartbreakers ha scritto una pagina indelebile dell’Heartland rock, la musica che racconta l’America profonda insieme a Springsteen, Seger e Mellencamp. Ma Petty, con la sua vena più eccentrica e moderna, ha saputo guardare oltre: mescolando tradizione e produzione d’avanguardia, ha creato un linguaggio personale e diverso.
L'album INTO THE GREAT WIDE OPEN del 1991 resta una chiave d’ascolto perfetta per capirne il talento, la visione e la capacità unica di Tom Petty di rendere il rock americano - di suo già accessibile, poetico e libero - attuale e di successo in un periodo di grande trasformazione della musica, confezionando un classico senza tempo.
L'anima più eccentrica
Nel grande romanzo del rock americano, Tom Petty è uno di quei nomi che non si possono saltare. Con i suoi Heartbreakers, una band fedele e solidissima, ha incarnato per oltre quarant’anni una versione autentica e moderna del rock “da strada”: melodie limpide, chitarre che brillano come il sole della California, testi che raccontano libertà, sogni e disillusioni. Petty arriva dalla scuola dell’Heartland rock, quella di Bruce Springsteen, Bob Seger e John Mellencamp: un linguaggio che unisce la poetica del cantautore alla forza di una rock band. È il suono delle highway, dei sogni americani inseguiti tra benzina e malinconia. Ma Petty non è mai stato una semplice variante di questo stile: «Credo di essere un po’ più eccentrico di quei ragazzi», disse nel 1986. Non voleva limitarsi a ripetere la tradizione, ma darle nuova vita. «Quattro accordi, chitarre e batteria vanno bene — ma se è tutto qui, allora è strano. Dobbiamo ereditare la nostalgia o dare qualcosa di nuovo a questa musica?». È proprio questa domanda a definire la sua carriera. Già negli anni ’80, Petty sperimentava con loop di batteria, sintetizzatori e atmosfere cinematografiche, come in “You Got Lucky”. Aveva intuito che il rock poteva evolvere senza perdere la sua anima. Il percorso verso INTO THE GREAT WIDE OPEN racconta un artista all’apice della maturità. Dopo LET ME UP (I'VE HAD ENOUGH) del 1987 — un album accolto tiepidamente e fuori dalla Top 10 americana — Petty trovò nuova linfa con un supergruppo leggendario: i Traveling Wilburys. Dentro c’erano George Harrison dei Beatles, Bob Dylan, Roy Orbison e Jeff Lynne degli Electric Light Orchestra. Un dream team di geni che, con VOLUME ONE (1988), riportò nel mainstream un’idea di rock melodico, ironico e pieno di armonie.
Fedele a se stesso
Proprio la collaborazione con Lynne cambiò la carriera di Petty. Nel 1989 pubblicò il suo primo album solista, FULL MOON FEVER: un lavoro che conteneva ottime prove di songwriting come “Free Fallin’”, “I Won’t Back Down” e “Runnin’ Down a Dream”. Canzoni che ancora oggi passano in radio ogni giorno. L’unico Heartbreaker a suonarci sopra era il chitarrista Mike Campbell, il suo braccio destro in studio e sul palco. Con queste premesse, le aspettative per il nuovo disco erano enormi. E il contesto era tutto fuorché tranquillo: nel 1991 la musica rock stava cambiando pelle. In pochi mesi uscirono NEVERMIND dei Nirvana, TEN dei Pearl Jam, Metallica con il BLACK ALBUM e BLOOD SUGAR SEX MAGIK dei Red Hot Chili Peppers. Il grunge, l'alternative, la rabbia e il suono sporco delle chitarre stavano spazzando via la patina degli anni ’80. Tom Petty, invece, scelse di restare se stesso. INTO THE GREAT WIDE OPEN, pubblicato il 2 luglio 1991, non inseguì mode né suoni alternativi: restò fedele alla tradizione americana, ma la vestì con una produzione pulitissima, moderna e brillante. Con Jeff Lynne ancora in cabina di regia e Mike Campbell come co-produttore, Petty costruì un disco in cui la scrittura delle canzoni è il centro di tutto. Le chitarre suonano lucide, debordanti e bellissime; le voci, vellutate e ricchissime, sono scolpite con precisione e attenzione melodica magistrale. E il ritmo, quello sereno e possente del miglio rock della tradizione, scorre con la naturalezza di chi non deve inseguire nulla di nuovo, se non l'equilibrio perfetto della propria formula artistica.
Le canzoni
“Learning to Fly” è il cuore del disco. Solo quattro accordi, ma una leggerezza che diventa forza. Arpeggi doppiati e armonizzati, slide guitar di Campbell, e la voce di Tom Petty che sembra fluttuare sopra tutto. È una canzone sull’imparare a restare in piedi, anche quando non c’è più vento. Fu nominata ai Grammy come Miglior Canzone Rock dell'anno. Poi c’è la title track, “Into the Great Wide Open”, una piccola parabola sul successo e sulla disillusione. Racconta di un ragazzo che arriva a Los Angeles per sfondare nella musica e viene risucchiato dal sistema. Petty lo racconta con un’ironia amara, quasi da favola moderna. Il video — diretto da Julien Temple — fece storia: Johnny Depp è il protagonista, Faye Dunaway la manager spietata, con cameo di Terence Trent D’Arby, Chynna Phillips e Matt LeBlanc. Un vero cortometraggio, quando ancora MTV era il palcoscenico principale del rock. Il disco, però, non vive solo dei suoi due singoli. Ci sono “Kings Highway”, “Two Gunslingers”, un brano pacifista e malinconico scritto durante la Guerra del Golfo. C’è “Makin’ Some Noise”, che gioca con riff rockabilly e un assolo suonato con il wah-wah, e “You and I Will Meet Again”, che riporta Petty nella sua dimensione più intima e malinconica. INTO THE GREAT WIDE OPEN e un disco che sintetizza tutto ciò che Tom Petty è stato: il songwriter capace di unire il cuore del rock classico con un’attitudine moderna, sempre proiettata in avanti. In un 1991 pieno di rivoluzioni, Petty scelse la coerenza. E proprio per questo, la sua musica è ancora lì, limpida, intatta, libera. Come un orizzonte aperto.