History

I Placebo e la disillusione di Black Market Music

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Author image Gianluigi Riccardo

09 ottobre 2025 alle ore 15:37, agg. alle 15:50

Il 9 ottobre del 2000 i Placebo pubblicavano uno dei loro lavori di maggior successo, il terzo album Black Market Music

Nel panorama della musica alternativa a cavallo tra la fine degli anni '90 e l'inizio dei 2000, i Placebo erano già un'entità ben definita, una scheggia impazzita e affascinante nell’universo brit-rock.

Con due album all'attivo — l’omonimo Placebo (1996) e Without You I’m Nothing (1998) — la band capitanata da Brian Molko aveva saputo unire sensibilità glam, post-punk e noise rock in un mix tanto androgino quanto abrasivo, costruendo un’identità sonora riconoscibile e una fanbase sempre più fedele.

È in questo contesto che, il 9 ottobre del 2000, vede la luce "Black Market Music", terzo capitolo discografico della band e, forse, uno dei più controversi e polarizzanti.

Il cambio di millennio era un momento storico particolarmente fertile ma anche caotico. La scena musicale era attraversata da un senso di saturazione, in cui il britpop era ormai in decadenza e l’alternative rock cercava nuove vie per rinnovarsi.

I Placebo, da sempre outsider, si trovavano a gestire una crescente pressione commerciale, soprattutto dopo il successo di Without You I’m Nothing, che aveva visto la partecipazione nientemeno che di David Bowie nella title track.

Tensioni ed esperimenti

Molko, Olsdal e Hewitt — rispettivamente voce/chitarra, basso e batteria — erano reduci da un tour mondiale logorante, fisicamente ed emotivamente.

In mezzo a eccessi, notti insonni e litri di adrenalina, nasce l’urgenza di un nuovo album. Ma Black Market Music non sarebbe stato un disco accomodante. Al contrario, è la loro risposta cinica alla crescente mercificazione della musica.

Le sessioni di scrittura iniziarono nel 1999, tra Parigi e Londra. L’atmosfera era satura di tensione, dovuta anche al deteriorarsi temporaneo dei rapporti tra i membri della band, complici droga, stress e le prime divergenze artistiche. Tuttavia, proprio da questo attrito nasce un album che vive di contrasti: lirici, musicali, emotivi.

Registrato principalmente nei studios Olympic e Moody di Londra sotto la produzione di Paul Corkett (già al lavoro con The Cure e Radiohead), Black Market Music adotta un approccio volutamente più diretto e aggressivo rispetto al predecessore.

La band, pur mantenendo i tratti distintivi — chitarre sature, liriche ambigue, ritmi pulsanti — integra elementi elettronici e hip hop, anticipando di fatto alcune tendenze che esploderanno negli anni successivi.


Le tracce chiave di Black Market Music

Il suono di Black Market Music è volutamente sporco, graffiante, meno elegante di Without You I’m Nothing, ma altrettanto incisivo. Le chitarre di Molko sono spesso distorte fino al limite, la sezione ritmica è implacabile.

Il disco si apre con “Taste in Men”, una traccia costruita su loop elettronici e linee di basso industriali, in cui la voce di Molko emerge come un lamento alienato. È una dichiarazione di guerra a ogni aspettativa commerciale.

“Slave to the Wage” è forse il brano manifesto del disco: un attacco al capitalismo moderno travestito da singolo radiofonico, ispirato da Welcome to the Working Week di Elvis Costello.

“Special K”, altro highlight, gioca con le metafore sulla ketamina per raccontare una relazione tossica, mentre “Commercial for Levi” è un monologo poetico su tappeto ambient — un momento di rottura e respiro.

Non mancano gli esperimenti più audaci, come “Spite & Malice”, in cui compare Justin Warfield dei She Wants Revenge per una strofa rap che all’epoca spiazzò molti puristi. È un pezzo che anticipa quella cross-pollinazione tra generi che oggi è la norma.


Il successo di un gioiello disilluso

Se Without You I’m Nothing era un album introspettivo e dolente, Black Market Music è un pugno in faccia.

Molko racconta la disillusione verso l’industria discografica, la dipendenza da sostanze, il vuoto dell’esistenza urbana. L’“amore” in questo disco è quasi sempre tossico, l’identità è frammentata, la società è vista come una farsa governata da interessi economici.

Il titolo stesso, Black Market Music, è un riferimento diretto al consumo musicale come atto clandestino, quasi illegale, in un mondo dove la cultura viene confezionata e venduta come un prodotto di massa. Per Molko, l’arte deve rimanere disturbante, scomoda, irriducibile.

All’uscita, Black Market Music ricevette recensioni miste. La critica britannica, da sempre con un rapporto ambivalente con i Placebo, lo accusò di essere troppo autoindulgente e nichilista. Al contrario, il pubblico lo accolse con entusiasmo: l’album entrò direttamente nella Top 10 UK e fu un enorme successo in Europa continentale, soprattutto in Francia, Italia e Germania.

Il tour mondiale che seguì fu monumentale, con date sold-out nei festival più importanti e concerti memorabili come quello al Brixton Academy. In Italia, il disco fu particolarmente amato, e la band divenne un riferimento per un’intera generazione di outsider, adolescenti in cerca di una voce che parlasse il linguaggio del disagio.



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