Hired Gun: la terza via del musicista tra artista e tecnico
17 novembre 2025 alle ore 12:02, agg. alle 14:11
Gli Hired Gun sono musicisti d’élite: non solo tecnici impeccabili, ma performer completi capaci di affiancare le star con personalità, presenza e versatilità.
Gli Hired Gun sono musicisti d’élite: professionisti che affiancano star come Metallica, Ozzy Osbourne, Alice Cooper, Deep Purple e Foo Fighters, e che spesso — ma non sempre — neppure fanno parte della formazione ufficiale. Il documentario Hired Gun (2016) racconta questo mondo attraverso figure come i chitarristi Steve Lukather, Phil X e il batterista Kenny Aronoff, mostrando cosa significhi entrare in situazioni ad altissima pressione, dove la personalità pesa quanto la tecnica musicale.
Da qui nasce una riflessione sulle tre grandi categorie del musicista: l’artista, il tecnico e l’Hired Gun. Una figura ibrida che unisce precisione, presenza scenica e versatilità assoluta; qualità, per esempio, oggi incarnate alla perfezione dal batterista Josh Freese, dopo anni con Nine Inch Nails, Paramore, Offspring e il suo arrivo nei Foo Fighters.
Il film
Gli Hired Gun sono una categoria speciale nel mondo della musica: professionisti d’altissimo livello chiamati a stare fianco a fianco con le star. Sono musicisti tecnicamente impeccabili, versatili, rapidi nell’adattarsi, ma allo stesso tempo devono avere carisma, presenza scenica e quella dose di personalità che permette loro di reggere palchi enormi accanto ad artisti che muovono milioni di persone. È una figura a sé, diversa tanto dagli artisti quanto dai musicisti tecnici puri. Questa riflessione nasce anche dal documentario Hired Gun (2016): il film segue chitarristi, bassisti, batteristi e tastieristi che hanno suonato con Metallica, KISS, Ozzy Osbourne, Alice Cooper, P!NK, Billy Joel e descrive il mix unico di competenza tecnica, prontezza mentale e capacità necessarie per stare in scena come un vero performer sui palchi di eccellenza del rock. Tra gli intervistati spiccano figure come il batterista Liberty DeVitto (Billy Joel), il chitarrista Jason Hook (Five Finger Death Punch), il chitarrista Phil X (Bon Jovi), il batterista Eric Singer (KISS), il chitarrista John 5 (Rob Zombie), il bassista Rudy Sarzo (Ozzy), il bassista Jason Newsted (Metallica), il chitarrista Brad Gillis (Ozzy Osbourne), il chitarrista Steve Lukather (Michael Jackson), il batterista Kenny Aronoff (John Mellencamp). Ognuno racconta episodi in cui ha dovuto inserirsi rapidamente nel linguaggio dell’artista, contribuendo allo spettacolo senza mai rubare la scena. Ed è qui che emerge il tema centrale: gli Hired Gun stanno in un territorio intermedio. Non sono semplici tecnici e non sono artisti “totali”. Sono una terza categoria: musicisti che uniscono precisione chirurgica e presenza scenica, affidabilità e carisma.
Tre Categorie
Nel mondo della musica mi figuro tre grandi categorie. La prima è l’artista, la figura che viene riconosciuta prima di tutto per ciò che comunica. L’artista è qualcuno in cui tecnica, personalità e visione si fondono in qualcosa che va oltre la pura esecuzione. La sua forza non sta nella pulizia, ma nell’identità. Un esempio chiaro è John Frusciante. Certo, ha studiato, ma quando entra nei Red Hot Chili Peppers non lo amiamo per la precisione: lo amiamo per la sua scrittura, per la sua personalità, per una chitarra che a volte è storta, fuori fuoco, ma sempre incisiva. L’arpeggio di “Scar Tissue” funziona proprio perché è leggermente scordato: un’idea che diventa musica, non una prova di bravura. Lo stesso vale per figure come John Lydon e Sid Vicious dei Sex Pistols. Nessuno dei due viene ricordato per capacità strumentali: Lydon per la voce, il messaggio, la rabbia, l’originalità; Vicious per il look, la sfrontatezza e un’attitudine così estrema da diventare un simbolo. Vale anche per Kurt Cobain chitarrista: non era un virtuoso accademico, soprattutto se confrontato con Jimi Hendrix, Eddie Van Halen, Eric Clapton, Joe Walsh o Brian May. Ma il suo modo di affrontare riff, ritmiche e timbro distorto aveva una potenza espressiva unica che ha cambiato il suono del rock. L’artista è questo: la tecnica è un mezzo, non il fine. All’estremo opposto c’è il musicista tecnico, lo strumentista “di mestiere”. Figura più vicina all’ingegnere che al poeta: la tecnica è il suo centro, la versatilità il suo valore aggiunto. È il musicista che si presenta in studio sapendo leggere qualsiasi partitura, che conosce linguaggi, epoche e suoni. Se serve fare un disco funk, arriva con la Stratocaster giusta alla Nile Rodgers, con il suono pulito e il set di effetti calibrato. Sa come si suonava funk negli anni Settanta, come l’hanno reinventato i Red Hot Chili Peppers, Jamiroquai o i Daft Punk. È pronto a lavorare sul metal, sul pop o a spegnere tutto e imbracciare una chitarra classica. Non gli si chiede carisma: gli si chiede competenza, velocità, affidabilità. In mezzo a questi due estremi, però, esiste una terza categoria: l’Hired Gun.
Una figura speciale
L’Hired Gun è il musicista chiamato a suonare accanto ai grandi artisti, non come tecnico anonimo, ma come presenza visibile e riconoscibile. Deve saper fare tutto quello che fa un tecnico – leggere, adattarsi, prepararsi in poche ore – ma deve anche avere presenza scenica, carattere, personalità e coerenza estetica con lo spirito dell’artista. Quando David Lee Roth ricostruisce la sua band dopo i Van Halen, non gli serve un semplice esecutore: gli serve qualcuno che regga la scena con lui e che abbia le spalle abbastanza larghe da sostenere il confronto con Eddie Van Halen, il chitarrista più innovativo dopo Hendrix. È per questo che accanto a Roth si consacrano leggende come Steve Vai prima e Jason Becker dopo. E quando un artista ha un immaginario fortissimo, una teatralità dominante e un’estetica centrale nel suo linguaggio – come accade con Alice Cooper – servono musicisti capaci di portare sul palco energia, personalità e un’immagine altrettanto forte. È il caso di chitarristi come Kane Roberts, tecnico impeccabile ma performer totale, con una chitarra a forma di mitra e un look da action hero alla Rambo: una figura perfetta per sostenere la teatralità del frontman. La storia del rock è piena di Hired Gun che hanno vissuto questa posizione in modi diversi. Ci sono quelli che hanno sofferto il confronto con chi c’era prima: il caso più noto è Jason Newsted, chiamato a occupare il posto lasciato da Cliff Burton, bassista rivoluzionario dei Metallica. Stessa situazione per i chitarristi di Ozzy Osbourne chiamati a succedere a Randy Rhoads: Jake E. Lee è stato spesso schiacciato da quel paragone, pur avendo scritto un disco chiave come BARK AT THE MOON (1983). E ci sono musicisti che, in questa posizione, sono fioriti. Steve Morse entra nei Deep Purple negli anni Novanta, portando freschezza tecnica e una pronuncia chitarristica diversa. Steve Vai, negli anni Ottanta, presta la sua chitarra a Frank Zappa, Alcatrazz, PIL e Whitesnake, diventando progressivamente una delle figure più riconoscibili della chitarra rock. Altri diventano una parte essenziale della voce dell’artista. Il caso più noto è il chitarrista Dominic Miller con Sting subito dopo i Police, capace di evocare sfumature alla Andy Summers senza copiarlo, e allo stesso tempo di portare colori acustici, latinoamericani, funk e rock-blues. Un’altra figura centrale è John 5: virtuoso, preparato, con un’identità estetica fortissima, passa da Marilyn Manson a Rob Zombie fino ai Mötley Crüe, sempre riconoscibile e funzionale al contesto. E, ancora, troviamo musicisti come Vinnie Colaiuta, batterista formidabile nato nella fucina visionaria di Frank Zappa: abituato a misurarsi con scritture complesse e tecniche proibitive, ma capace di una musicalità e una versatilità tali da affiancare con naturalezza Sting, i Megadeth, Jeff Beck e persino Quincy Jones. Allo stesso modo Ritchie Kotzen, enfant prodige della chitarra virtuosa anni Ottanta, unisce tecnica, voce e un physique du rôle perfetto per progetti hard e glam rock patinati come Poison e Mr. Big. E poi TM Stevens, bassista funk potentissimo e stilisticamente inconfondibile, richiesto da artisti diversissimi come James Brown, Joe Cocker e The Pretenders.
SUPERBAND E FUORICLASSE
Poi ci sono le superband di Hired Gun, quando questi professionisti decidono di unirsi. Negli anni Novanta gli Spin One Two riuniscono musicisti straordinari: Steve Ferrone (Tom Petty, Slash, Eric Clapton) alla batteria, Tony Levin (King Crimson, Peter Gabriel) al basso, Phil Palmer (Dire Straits, Tears For Fears) alla chitarra, Paul Carrack (Mike + The Mechanics, Elton John) alla voce e Rupert Hine (Tina Turner, Rush) in produzione. Realizzano un omonimo disco di cover che è un compendio di carattere e solidità tecnica.
E infine c’è Josh Freese: forse l’Hired Gun più rappresentativo di oggi. Batterista versatile, tecnicamente impeccabile, con una personalità così forte da diventare un marchio. Ha suonato con Avril Lavigne, Evanescence, Bryan Adams, Sting, Guns N’ Roses, Nine Inch Nails, Weezer, Paramore, The Offspring. Nel 2023 viene scelto come nuovo batterista dei Foo Fighters: chiamato a sedersi dietro la batteria in un momento delicatissimo dopo la scomparsa di Taylor Hawkins su un palco in cui, a pochi metri da lui, canta Dave Grohl, batterista dei Nirvana. Grohl non è solo un ex batterista: è uno dei batteristi più personali e influenti della storia del rock. Entrare in quella formazione significa reggere un’eredità enorme, estetica e simbolica. E Josh Freese lo fa con naturalezza: non come turnista, ma come presenza riconoscibile. Se oggi vogliamo capire cosa significhi essere un Hired Gun, basta guardare a lui: una figura capace di unire precisione tecnica, personalità scenica, versatilità totale e - prima ancora - personalità. Il punto d’incontro perfetto tra artista e tecnico.