History

Hey Joe, il rivoluzionario esordio di Hendrix

A placeholder image for the article
Author image Gianluigi Riccardo

16 dicembre 2025 alle ore 16:41, agg. alle 16:57

Nel dicembre del 1966 Jimi Hendrix pubblicava il suo primo singolo 'inglese', quella Hey Joe che attingeva alla tradizione per portare il rock nel futuro

Quando Chas Chandler strappa Hendrix al Greenwich Village e lo porta a Londra, l’obiettivo è chiaro: trovare il brano giusto per presentarlo al pubblico britannico. Chandler lo raccontò più volte: sentì Jimi suonare “Hey Joe” dal vivo a New York e capì che quella storia semplice era il veicolo perfetto.

Non perché fosse “facile”, ma perché lasciava spazio alla voce e soprattutto al suono.

La scelta di un brano non scritto da Hendrix come debutto discografico fu strategica e controintuitiva: nessuna concessione al virtuosismo fine a se stesso, ma una canzone riconoscibile, che permettesse alla chitarra di insinuarsi lentamente.

“Hey Joe” esce come primo singolo nel dicembre 1966, prima ancora di “Are You Experienced”, album di debutto che cambierà le regole del rock.

È un biglietto da visita pensato per la radio, e infatti funziona: entra nelle classifiche UK e fa capire che non si tratta dell’ennesimo bluesman americano trapiantato in Europa. 

Hey Joe: una ballata antica con una voce nuova

Hendrix è sempre stato chiaro su un punto: “Hey Joe” non l’ha scritta lui.

La paternità viene generalmente attribuita a Billy Roberts, che la registrò a inizio anni Sessanta, ma il brano circolava già come tradizionale moderno, reinterpretato in chiave folk e garage da decine di artisti.

La versione di Hendrix prende quel nucleo narrativo – un uomo in fuga dopo aver ucciso la moglie infedele – e lo rallenta, lo scurisce, lo carica di tensione.

Il testo resta quasi intatto, ma cambia il peso delle parole. La voce di Hendrix non giudica, non assolve, racconta.

In un’intervista spiegò che gli sembrava una storia “da vecchio West americano”, una di quelle ballate che parlano di destino più che di morale.

È anche per questo che funziona: non c’è enfasi, non c’è predica. C’è un dialogo secco, quasi cinematografico, che la chitarra commenta frase dopo frase.



Il suono di Hey Joe: registrazione, chitarre e aneddoti di studio

La registrazione londinese è rapida e sorprendentemente disciplinata. Mitch Mitchell e Noel Redding costruiscono una base solida, senza orpelli, lasciando a Hendrix lo spazio per disegnare uno dei suoi assoli più celebri.

Niente fuzz selvaggio, niente feedback estremi: il suono è caldo, leggermente saturo, con un fraseggio che guarda a Curtis Mayfield e al blues, ma con una libertà armonica che nel 1966 suonava già come il futuro.

Un aneddoto ricorrente riguarda proprio la scelta di non strafare. Chandler raccontò che Jimi tendeva ad allungare, a sperimentare, e che fu necessario incanalarlo per ottenere una versione “radio friendly”.

Il risultato è un equilibrio raro: un brano accessibile che però non sacrifica personalità. Anche la struttura in crescendo, con l’assolo che arriva tardi, contribuisce a creare tensione narrativa.


Impatto culturale e eredità di un debutto

“Hey Joe” diventa rapidamente un marchio di fabbrica.

Hendrix la suona ovunque, la reinventa dal vivo, la allunga, la incendia a Monterey nel 1967 chiudendo il cerchio con la chitarra in fiamme. Ma la versione in studio resta quella che ha aperto le porte.

Culturalmente, segna l’ingresso di un nuovo tipo di chitarrista nel mainstream: uno che usa la tradizione per superarla.

Il successo del singolo dimostra che il pubblico è pronto. Non serve capire tutto subito, basta sentire che c’è qualcosa di diverso, qualcosa di rivoluzionario messo in pratica senza troppi strombazzamenti.

 Ancora oggi, a distanza di decenni, "Hey Joe" resta uno degli esempi più chiari di come una canzone possa cambiare pelle senza perdere identità. 

Altre storie

Leggi anche