Guida alle persone da evitare ai concerti: 4 tipologie che possono rovinare una serata perfetta
20 novembre 2025 alle ore 11:38, agg. alle 13:32
Abbiamo individuato le 4 tipologie di persone con cui non vorremmo mai andare a un concerto. Tu in quale ti ritrovi? E qual è quella che temi di più?
I concerti sono viaggi, riti, esperienze che spesso migliorano la qualità della vita. Per questo la compagnia può fare davvero la differenza: abbiamo individuato le persone che rischiano più di altre di sabotare un live attesissimo.
Dal musicista iper-tecnico al fan citazionista, passando per il mondano da evento e il veterano strategico: quattro profili da conoscere, riconoscere ed evitare. Tu con chi non andresti mai a vedere la tua band del cuore?
Meglio del sesso
Qui sul sito di Radiofreccia abbiamo appena raccontato un dato che fa sorridere, ma fotografa bene il presente: secondo il report “Living for Live” di Live Nation, realizzato su 40.000 persone in 15 Paesi, il 70% preferirebbe vedere il proprio artista preferito dal vivo piuttosto che fare sesso. Per molti, il concerto è diventato la forma di intrattenimento più intensa e “vera”, una risposta alla mancanza di stimoli reali in una vita sempre più digitale. Per chi ama davvero la musica rock, non è una sorpresa: il live è l’espressione massima della passione. Non è solo ascoltare una band a volume più alto: è uscire di casa, viaggiare, segnarsi in agenda la data mesi prima, costruirci attorno un weekend, trasformare un concerto in una piccola fuga dalla routine. Sempre più spesso è anche un rito: c’è chi si tatua una data, un logo, una frase del brano sentito quella notte, perché quell’esperienza ha avuto un impatto concreto sulla propria vita. E sì: sono tantissimi quelli che anche tornano a casa con la T-shirt ufficiale, trasformata in un dettaglio personale del proprio stile, un piccolo emblema di appartenenza.
4 categorie pericolose
Oggi poi i concerti sono diventati spettacoli totali: luci, scenografie, visual, regia, narrazione. Non è più “solo suonare bene”, è un’immersione completa in un mondo estetico e sonoro. Proprio per questo, un live andrebbe vissuto nelle condizioni migliori possibili. Il paradosso è che, con gli standard attuali, a rovinarti la serata non è quasi mai il fonico, lo show o la band leggermente sotto tono: il livello medio di professionalità è talmente alto che, nella maggior parte dei casi, sei comunque garantito. Molto più spesso il concerto te lo rovini con la persona sbagliata al tuo fianco. E attenzione: non esiste una “persona sbagliata” in senso assoluto. Esistono abitudini e modalità diverse di vivere un live. C’è chi ama scatenarsi dalla prima all’ultima canzone, saltare, cantare, abbracciare sconosciuti. E c’è chi preferisce guardare il concerto quasi in silenzio, concentrandosi sui dettagli tecnici, sui suoni, sull’esecuzione, come se fosse in regia o in sala prove. Quale delle due modalità è sbagliata? Nessuna. Sono entrambe legittime. Il problema nasce quando due persone agli antipodi si ritrovano schiacciate una accanto all’altra: è quasi matematico che qualcuno dei due finisca per vivere una serata a metà. E quando, stremati ma felici, si esce dal live, anche il rito più intramontabile – panino con la salamella e birra in mano – può diventare meno gustoso se hai passato due ore a combattere con la compagnia sbagliata.
Partendo da questo, ci siamo divertiti a mappare quattro tipologie “pericolose” di compagni di concerto: profili che, se abbinati male, possono trasformare un live epico in un esercizio di pazienza. Con una premessa fondamentale: tra simili ci si salva sempre. Due persone della stessa categoria, spesso, si capiscono al volo e la serata diventa perfetta.
Il musicista “addetto ai lavori”
C’è sempre lui: il musicista al concerto. Non balla, non canta, non si lascia andare. È in modalità laboratorio. Passa il live osservando la pedaliera del chitarrista, i suoni del basso, i dettagli della batteria, domandandosi se la band sia interamente live o se stia usando sequenze. Analizza come i brani sono stati riarrangiati rispetto al disco, quali suoni sono cambiati dal tour precedente, come sono state risolte le parti sovraincise. Tu sei in estasi sul ritornello, lui ti sussurra: “Hai notato che rispetto al disco le distorsioni sono più aggressive? E il chitarrista ha cambiato completamente il suono dal tour scorso.” Poesia zero. A fine concerto il suo giudizio è tecnico: “Mancavano le seconde voci, i suoni di chitarra non erano convincenti, e negli assolo la chitarra non emergeva. Forse serviva un chitarrista aggiuntivo per ricreare il disco.” Ha goduto come un riccio a modo suo, questo è vero: torna a casa con appunti mentali, idee, spunti da studiare. Il problema è che tu, che volevi vivere quel concerto in abbandono totale, ti sei ritrovato accanto uno con le braccia conserte e lo sguardo fisso sulla strumentazione. E la gente, intorno, guarda anche te come se fossi “il suo amico strano”... In fondo, una ragione c’è se da anni gira la battuta: “Nessuno balla meno dei musicisti alle feste.”
Il mondano da evento
Questa è la categoria più contemporanea in assoluto. È la persona cresciuta dentro la logica dei social, quella per cui far vedere cosa stai facendo è più importante di cosa stai effettivamente vivendo. È lo stesso tipo che al ristorante, quando arriva il piatto, non vede l’ora di fotografarlo. Non importa se si fredda, se il profumo svanisce, se la magia del momento si perde: prima bisogna immortalare, postare, taggare. La realtà viene sempre dopo la documentazione. E al concerto questa mentalità diventa esplosiva. Fa più foto che applausi, più storie che respiri. Il live per lui è un set fotografico: cambia posizione, cambia angolo, cambia filtro. Vuole essere inquadrato più di quanto voglia essere emozionato. E se tu sei un vero appassionato di musica, questa cosa pesa. Mentre tu sei lì per ascoltare, lasciarti travolgere, respirare ogni colpo di batteria, lui usa la musica come sfondo per farsi riprendere. La band che suona non è la centralità dell’evento: è la cornice, l’arredamento, un sottofondo utile a rendere più interessante la sua storia Instagram. Ti spinge per passare davanti, urla in punti a caso, ha costantemente un drink in mano. E nel momento più emotivo della serata, quando l’artista presenta il brano che ti fa venire la pelle d’oca, lui ti tocca il braccio: “Aspetta un attimo, rifacciamo la storia che prima non si vedeva bene la luce dietro.” La musica? Quasi rumore di fondo tra un selfie e l’altro. Poi c’è la deriva più complicata. Proprio perché vive il concerto come una festa da immortalare, può anche esagerare: qualche drink di troppo, e ti ritrovi accanto una persona che ondeggia, spinge, urla fuori tempo, rischia di travolgere te e gli altri. A quel punto non è solo fastidioso: diventa imbarazzante, per lui e per te. Per questo, tra tutte, è forse la categoria più da evitare.
Il veterano strategico
Il veterano è una figura leggendaria del mondo dei concerti. Ha un’esperienza infinita, ha visto tutto, ha un aneddoto per ogni tour dal ’97 in poi. Il problema è che, con gli anni, questa esperienza è diventata una gabbia procedurale. È quello che sa esattamente dove parcheggiare “perché fidati, è il punto perfetto per uscire in tre minuti netti dopo il bis”. Se non trovi posto lì va in crisi e rischia di rovinarsi la serata. È quello che vuole una posizione precisa sotto il palco perché “da qui si sente e vede meglio” e, allo stesso tempo, vuole stare vicino ai bagni chimici “per sicurezza, non si sa mai”. Arriva vestito a cipolla, poncho nello zaino, antivento, cappello: strati su strati per affrontare ogni condizione atmosferica come se fosse in spedizione, non a un concerto rock. E poi ha un’idea molto strutturata anche sul panino e sulla birra: il momento in cui prenderli diventa un esercizio di ottimizzazione. Non ora perché si perde posizione, non dopo perché c’è troppa fila, non più tardi perché siamo nel cuore del live. Quella che dovrebbe essere una serata liberatoria diventa una missione tattica che soffoca la spontaneità. E poi arriva il colpo di scena. Sulle prime note del bis – il brano che aspetti da tutta la notte – lui si gira e dice: “Andiamo adesso così evitiamo il traffico.” È il gesto meno romantico del mondo rock. E ti mozza il momento più atteso.
Il fan citazionista
C’è poi l’estremista della band, il fan più ortodosso che tu possa immaginare. Vai al concerto con lui e ogni canzone diventa una lezione: da quale disco arriva, in che anno è stata scritta, perché è stata scritta, da quanti tour non la suonavano, quando è stata eseguita per l’ultima volta, e perché quel bridge “richiama il periodo più oscuro dell’artista”. Durante il live non ascolti: subisci una cronologia permanente. E mentre tu sei lì perché quella band ha segnato pezzi della tua vita, lui riesce a farti sentire inadeguato. Non conosci la marca del basso o il progetto parallelo del bassista? Meno uno. Non ricordi la tracklist del terzo album? Meno due. Non sapevi che il tastierista non era nel primo tour e che prima quella parte era in sequenza? Meno tre. Per lui il concerto è una celebrazione liturgica, quasi una prova di fedeltà. Per te diventa un’esperienza che rischia di perdere leggerezza e piacere, perché ogni brano porta con sé un retroscena spiegato a voce troppo alta, sempre nel momento meno opportuno.