History

Da Tom Morello a Lenny Kravitz: quattro omaggi che celebrano ELECTRIC LADYLAND di Jimi Hendrix

A placeholder image for the article
Author image Gianni Rojatti

15 ottobre 2025 alle ore 12:07, agg. alle 12:14

ELECTRIC LADYLAND è il vertice artistico di Jimi Hendrix: blues, hard rock e psichedelia in un capolavoro che mostra la sua anima più libera e complessa.

Pubblicato il 16 ottobre 1968, ELECTRIC LADYLAND rappresenta la massima espressione della ricerca artistica di Jimi Hendrix. Un disco monumentale in cui blues, psichedelia e rock si fondono in un linguaggio nuovo, anticipando l’hard rock. Rispetto ai due lavori precedenti, segna il passaggio dal virtuosismo tecnico alla maturità compositiva e infine all’esplorazione pura. È l’apice della sua visione, ma anche il lavoro più complesso e meno immediato.

Per celebrarlo, abbiamo scelto quattro cover che ne amplificano l’eredità sonora e spirituale, firmate da artisti profondamente legati alla sua visione: Tom Morello, Uli Jon Roth, i Living Colour e Lenny Kravitz. Ognuno di loro rinnova l’influenza di Hendrix non solo nel suono, ma nell’attitudine, nella libertà creativa e nel messaggio culturale che continua a vivere nella sua musica.

Vertice artistico assoluto

Pubblicato nell’ottobre del 1968, ELECTRIC LADYLAND è il vertice assoluto della parabola artistica di Jimi Hendrix. Qui il chitarrista spinge al massimo la sua sintesi tra blues, psichedelia e rock, fondendo tecnica, tradizione e innovazione in una forma musicale più libera, visionaria e consapevole. Se in brani come “Foxy Lady”, “Hey Joe” o “Little Wing” la struttura pop restava il telaio su cui costruire virtuosismi e sperimentazioni, in ELECTRIC LADYLAND Hendrix decide di rompere ogni schema: non vuole più confini, né stilistici né formali, e le canzoni si dilatano fino a diventare organismi in evoluzione. 
Rispetto ai lavori precedenti, ELECTRIC LADYLAND segna quindi il passaggio dal virtuosismo del debutto ARE YOU EXPERIENCED? alla maturità compositiva di AXIS: BOLD AS LOVE, fino all’esplorazione artistica pura. È un doppio album complesso, visionario e meno immediato: non un disco da hits, ma da immersione.
Il risultato è un’opera monumentale e senza compromessi, al punto da spingere il produttore Chas Chandler ad abbandonare le sessioni. Dentro, anche il suo singolo di maggior successo, “All Along the Watchtower”, cover di Bob Dylan: Hendrix la incide quasi d’istinto, ribaltandone l’anima folk in una tensione rock elettrica e tragica, tanto potente da farla diventare – secondo Dylan stesso – la versione definitiva.

 

Quattro Cover

La grandezza di un artista non si misura solo dal successo, ma da quanto la sua musica continua a generare risonanze, ispirazioni e nuove voci. ELECTRIC LADYLAND ha lasciato un’eco profonda e trasversale: per questo lo celebriamo attraverso quattro cover che, negli anni, ne hanno amplificato l’eredità sonora e spirituale. 
In questa selezione abbiamo scelto artisti che con Hendrix condividono un legame autentico, non solo nel suono della chitarra o nel virtuosismo tecnico, ma nell’attitudine e nella visione. L’influenza di Jimi vive nel loro modo di intendere la libertà creativa, di fondere generi, di usare la chitarra come voce e manifesto. Sono cover particolari, perché non si limitano a replicare: ognuna di esse rinnova il messaggio culturale e la ricerca sonora che Hendrix ha incarnato, dimostrando che il suo linguaggio continua a evolversi nelle mani di chi sa ascoltarlo davvero.

“Voodoo Child (Slight Return)” – Tom Morello


C’è tutta l’anima di Hendrix nella versione che Tom Morello pubblica nel 2020 nell’EP COMANDANTE: un omaggio strumentale dove la chitarra diventa materia viva, distorta, fisica. Qui si ritrova la stessa eccentricità sonora dei Rage Against The Machine e la potenza ritmica che Morello ha saputo portare anche negli Audioslave, come responsabile musicale della loro identità più viscerale e rock. In questa rilettura, Morello riversa la sua estetica fatta di feedback, rumorismi e deformazioni timbriche che trasformano la chitarra in linguaggio, non solo in virtuosismo. 
È ciò che lo rende uno dei veri eredi di Hendrix: la capacità di far parlare lo strumento in modo non convenzionale, sempre al servizio della canzone, mai della pura dimostrazione di bravura. Raccontando il brano, Morello ha scritto: «La prima volta che sentii un wah pedal fu su “Voodoo Child”. Non sapevo cosa fosse, pensai che ci fosse davvero un mago, un “voodoo child” che tirava fuori quei suoni incredibili dalla chitarra. Quando Jimi cantò “Stand up next to a mountain…”, pensai: un giorno voglio suonare abbastanza bene da poter abbattere anch’io una montagna con la mia mano».


“All Along the Watchtower” – Uli Jon Roth feat. Jack Bruce & UFO


Uli Jon Roth è un anello chiave tra Jimi Hendrix e l’evoluzione della chitarra hard rock e metal. Discepolo dichiarato di Hendrix nei primi anni di carriera, Roth ne assorbe il linguaggio blues e psichedelico e lo spinge verso nuove direzioni: velocità, scale classiche ed esotiche, lirismo tecnico che ispirerà generazioni di chitarristi, da Yngwie Malmsteen, Kirk Hammet, Marty Friedman fino a Randy Rhoads. Con gli Scorpions, contribuisce a trasformare la sensibilità hendrixiana in potenza metal. 
Nel 2001, sul palco del Legends of Rock: Live at Castle Donington con Jack Bruce (bassista e voce dei Cream) e membri degli UFO, Roth interpreta “All Along the Watchtower” con una forza mistica e visionaria. Il brano, tributo a Hendrix e a Dylan, diventa un lungo dialogo tra la sua chitarra liquida e la voce di Bruce, tra rock classico e aperture  psichedeliche e hard.


“Burning of the Midnight Lamp” – Living Colour


Tra i più grandi interpreti dell’eredità di Hendrix, i Living Colour rappresentano una connessione diretta con la sua visione. Guidati dal chitarrista Vernon Reid – capace di muoversi con la stessa autorevolezza nel metal estremo, nel jazz sperimentale e nel funk – hanno incarnato la libertà stilistica che Hendrix aveva indicato. Negli anni ’80, in un panorama hard rock e metal dominato da musicisti bianchi, la loro presenza fu rivoluzionaria: una band interamente afroamericana che riportava il rock alle sue radici nere, ricordando al mondo che uno dei suoi padri era proprio Jimi Hendrix. 
Nel 1991 reinterpretano “Burning of the Midnight Lamp” nell’EP BISCUITS, mantenendo l’introspezione e la psichedelia dell’originale ma spingendola dentro un suono più denso, aggressivo, funk e spudoratamente crossover e metal. Non si fermano lì: introducono anche elementi di dub reggae, in un esercizio di eclettismo totale. Il finale, con l’interplay tra batteria e le svisate stralunate di Vernon Reid, è la prova più chiara della loro affinità con la libertà espressiva e visionaria di Hendrix.


“Have You Ever Been (To Electric Ladyland)” – Lenny Kravitz


Alla fine degli anni Ottanta, quando il panorama musicale era dominato da una spinta modernista, Lenny Kravitz sceglie la strada opposta. Da una parte, il thrash, il metal e l’hard rock guardavano avanti, esasperando tecnica e aggressività. Dall’altra, il pop e il nuovo mondo del rap incarnavano la contemporaneità più pura: suoni elettronici, groove sintetici, produzione digitale, tutto proiettato verso il futuro. Da Sting a Peter Gabriel, dai Tears for Fears a Michael Jackson, il suono degli anni Ottanta era figlio della tecnologia, di un’estetica levigata e futuribile. 
Kravitz rompe quel paradigma: anticipando lo spirito revival che esploderà con il grunge, riporta in primo piano il calore del rock anni Sessanta e Settanta, i suoni valvolari, le atmosfere analogiche e l’emotività viscerale. I suoi fari sono due: i Beatles e Jimi Hendrix. Da entrambi eredita la cura melodica, la spiritualità del groove e la visione di un artista totale, chitarrista, cantante e produttore. 
Nel 2004 omaggia il suo maestro reinterpretando “Have You Ever Been (To Electric Ladyland)” nell’album Power of Soul: A Tribute to Jimi Hendrix. Kravitz mantiene l’atmosfera sospesa e spirituale dell’originale, ma la riveste di un calore soul e funk profondamente suo. La cover brilla per equilibrio tra rispetto e personalità: una versione che, senza toccare l’audacia di Hendrix, ne rinnova l’aura per una generazione nuova.



Altre storie

Leggi anche