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Bono e gli U2 commentano ufficialmente il conflitto israelo-palestinese

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Author image Gianluigi Riccardo

11 agosto 2025 alle ore 13:51, agg. alle 14:41

Con una lunga lettera Bono e tutti gli U2 hanno commentato quanto sta accadendo a Gaza schierandosi con la popolazione

Gli U2 e Bono, da sempre uno degli artisti con maggior peso politico a livello mondiale, si sono espressi per la prima volta ufficialmente sulla questione israelo-palestinese.

Con un lungo post pubblicato sui canali ufficiali della band, Bono ha voluto esprimere la condanna alle azioni di Netanyahu elaborando il percorso delle sue opinioni in materia e raccontando come il suo punto di vista sia cambiato nel corso dei mesi.

Dall'attacco di Hamas al Nova Music Festival del 7 ottobre 2023 sono cambiate molte cose, inclusa la visione dell'artista irlandese che, se prima nutriva delle speranze, ora sembra non poter fare altro che condannare la piega presa dagli eventi.

Lo scorso maggio Bono aveva commentato quanto sta accadendo a Gaza durante la serata degli Ivor Novello Awards, criticando sia Hamas che il primo ministro israeliano Netanyahu e i suoi ministri definiti come 'fondamentalisti di estrema destra'.



Bono e la condanna ad Hamas e Netanyahu

Bono, frontman storicamente impegnato degli U2, ha recentemente rotto il silenzio sulla guerra in corso in Gaza, con un intervento che ha suscitato forti reazioni.

L’artista ha espresso “repulsione”, ribadito il sostegno per una soluzione a due Stati e lanciato un duro monito al governo israeliano guidato da Netanyahu.

Nei giorni scorsi, il frontman degli U2 ha deciso di infrangere quella linea di prudenza. Lo ha fatto attraverso una lettera pubblicata sui canali ufficiali della band, un testo carico di peso politico e morale, in cui la parola chiave è una soltanto: revulsion. Disgusto.

Il musicista irlandese ha raccontato di aver “provato ribrezzo per il fallimento morale” che sta osservando in queste settimane. Nella sua dichiarazione, ampiamente ripresa dai media internazionali, ammette di aver cercato fino a poco tempo fa di tenersi lontano “dalla politica del Medio Oriente”. Ma qualcosa è cambiato. E il cambiamento ha un nome: la percezione che la vendetta scatenata da Israele dopo l’attacco di Hamas sia diventata sproporzionata, disinteressata alle vite innocenti intrappolate nella Striscia.

Bono non ha risparmiato critiche durissime. Ha denunciato il blocco degli aiuti umanitari, il soffocamento delle risorse e l’uso della fame come arma di guerra, aggiungendo un’accusa che non lascia spazio a interpretazioni: “Hamas lo fa, ma anche Israele. Ed è un fallimento morale”.

In poche righe, l’artista riesce a colpire entrambi i fronti del conflitto: condanna senza esitazioni il massacro di civili israeliani compiuto il 7 ottobre, ma sottolinea che Hamas “non è il popolo palestinese” e che quel popolo è stato “marginalizzato, oppresso, occupato” per decenni.

Il passaggio più netto è riservato al governo Netanyahu. Bono lo separa con cura dallo Stato di Israele, dichiarando che l’esecutivo attuale “merita la nostra condanna categorica e inequivocabile” e parlando di un livello di “depravazione e illegalità” che segna un punto di non ritorno. 


L'impegno degli U2 e i commenti della band

Già a maggio, durante gli Ivor Novello Awards di Londra, Bono aveva approfittato del palco per lanciare un triplice appello: “Hamas, rilasciate gli ostaggi. Fermate la guerra. Israele, liberatevi di Benjamin Netanyahu e degli estremisti di destra che piegano i vostri testi sacri.” Quella sera, gli U2 avevano suonato “Sunday Bloody Sunday”, uno dei più intensi inni politici del rock, accomunando in qualche modo la tradizione di scontri politici vissuti dal popolo irlandese a quelli di Gaza.

Nella lettera di questi giorni, oltre alle parole, c’è un impegno concreto: la band ha annunciato una donazione a Medical Aid for Palestinians, organizzazione che fornisce supporto sanitario nelle aree più colpite.

Bono non cerca l’applauso di una parte o dell’altra, e nemmeno si nasconde dietro una neutralità comoda. Ammette di provare disgusto, denuncia con la stessa forza due attori del conflitto, e invita a non dimenticare che al centro di tutto ci sono vite umane spezzate. La sua è una richiesta di lucidità, di responsabilità morale, di uscita dall’inerzia.

"La nostra band offre la propria solidarietà al popolo palestinese che davvero cerca un percorso di pace e convivenza con Israele con la loro legittima e sacrosanta richiesta di uno stato. Offriamo solidarietà agli ostaggi che implorano che i negoziati per il loro rilascio siano portati avanti da qualcuno di razionale", si legge nella lettera di Bono. "Potrebbe essere Marwan Barghouthi ,che l'ex capo del Mossad Efraim Halevy aveva descritto come 'probabilmente la persona più sana e qualificata', a guidare i palestinesi?




Alle parole di Bono si sono aggiunte anche quelle dei suoi compagni di band.

The Edge elenca una serie di domande che vorrebbe porre a Netanyahu, specificando che stiamo testimoniando non una tragedia lontana ma l'umanità condivisa messa alla prova.

Il chitarrista degli U2 chiede al primo ministro israeliano se non si rende conto che le sue azioni non faranno altro che isolare Israele, screditandola agli occhi del mondo. Aggiunge che l'idea di realizzare quanto dichiarato sembra più una pulizia etnica che una ricerca di pace, un'ingiustizia, cosa che - da irlandese - sa che non porta a niente. Infine The Edge chiede quale sarebbe la visione politica israeliana dal momento che rifiuta il doppio stato.

Anche Adam Clayton e Larry Mullen Jr. si uniscono ad una richiesta di spiegazioni davanti ad azioni assolutamente senza logica, prospettiva e vergogna davanti agli occhi del mondo.


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