Auto senza radio. Un attacco alla libertà
30 ottobre 2025 alle ore 11:24, agg. alle 11:44
Il settore automotive opta sempre di più per l'eliminazione della radio dai nuovi modelli ma un'auto senza radio non è più casa
La vostra auto è nuova di zecca. Siete fieri e convinti dell’acquisto. Salite a bordo e ne apprezzate la qualità ultratecnologica, il comfort spaziale, gli accessori che vi garantiscono un viaggio così sicuro e piacevole che pochi anni addietro avreste potuto al massimo sognare.
Potreste pensino pensare di affidarla a un autista virtuale. Non è quel che accade già su alcuni modelli? Provate l’impulso di chiudere gli occhi, reclinare il sedile e cedere il volante al pilota fantasma. Ci penserà “lui”: del resto, questa macchina tanto sofisticata vi parla, consiglia, protegge e vede in voi più un passeggero che un conducente.
Manca giusto un dettaglio: che fine ha fatto la vecchia autoradio?
Passi per l’obsoleto slot del cd; dell’antiquata fessura per introdurre le cassette neanche a parlarne. Ma il tasto per la sintonia FM? E il DAB? Aspetta, qui c’è soltanto il display per le piattaforme, con abbonamenti specifici, connettività a pagamento: Spotify, Apple & compagnia. E per le telefonate.
Ok: la presa USB potrebbe favorire l’ascolto della mia emittente preferita grazie alla App, a patto però che l’aggancio dello smartphone resti stabile lungo tutto l’itinerario.
Altrimenti la playlist è decisa da questo futuribile gioiello su quattro ruote: o meglio, a tagliarmi fuori dalla programmazione della radio - con i suoi personaggi, la musica che amo, i notiziari, le interviste - sono le scelte strategiche dell’automotive. Che dopo aver stretto lucrose partnership con le oligarchie dell’infotainment virtuale negano ai clienti il piacere – pardon, il diritto – di ascoltare l’emittente del cuore.
La situazione in Italia
Tesla fa da apripista: dal 2026 taglierà via l’autoradio da alcuni modelli base, per ora solo sul mercato USA. E i dati italiani? Sono inoppugnabili.
Su un parco di circa 40 milioni di veicoli delle più diffuse marche solo il 35 per cento sono dotati di ricevitori FM e DAB+.
E man mano che il settore sforna modelli sempre più cyber, i progettisti – con un preciso calcolo prestazionale e di business incrociato – optano per l’eliminazione definitiva della radio, il terminale totalmente umano - e gratuito - entro cui si salda la relazione fiduciaria tra il conduttore e l’ascoltatore, la rete di contenuti e scambio dialettico che è puntello di ogni democrazia.
Mesi addietro, a porre sul tavolo istituzionale la cruciale questione era stato il commissario dell’Agcom Massimiliano Capitanio: ospite di RTL 102.5 aveva sollecitato il governo a sanare il vulnus normativo attraverso il quale la filiera del motore bypassa disinvoltamente l’obbligo di mantenere FM e DAB operativi sui cruscotti.
Servirebbero misure decisive della politica tricolore per costringere i brand internazionali a non eliminare progressivamente l’elemento radiofonico dalle plance delle vetture.
Con sanzioni concrete, non simboliche, e provvedimenti legislativi che rivendichino la centralità di un media scelto quotidianamente da decine di milioni di cittadini. I quali riconfermano a ogni passo il proprio amore per una “scatola” fatta di voci amiche, scalette, argomenti su cui basare una condivisione empatica, infinitamente più calda degli algoritmi e dei bot disumanizzati che vorrebbero indirizzare pure i percorsi mentali, non solo quello stradali.
Spegnere quel microfono equivarrebbe a calpestare il patto che si rinnova giorno dopo giorno tra chi propone e chi accetta la compagnia che solo la radio può regalare, mentre si viaggia.
Senza la radio, un’auto non è più casa tua.