History

ANTICHRIST SUPERSTAR: Marilyn Manson, Reznor e il trionfo dell’eccesso

A placeholder image for the article
Author image Gianni Rojatti

06 ottobre 2025 alle ore 16:56, agg. alle 20:17

Nel 1996 Marilyn Manson e Trent Reznor plasmano ANTICHRIST SUPERSTAR: un rituale industrial che mescola furia sonora, provocazione e decadenza

Pubblicato l’8 ottobre 1996, ANTICHRIST SUPERSTAR non è solo un album: è una frattura nella storia del rock. Nel pieno degli anni ’90, quando grunge, alternative e britpop inseguivano autenticità e immediatezza, Marilyn Manson sceglie l’eccesso, il grottesco e l’artificio come linguaggio.

Il disco nasce in un clima tossico e autodistruttivo: otto mesi di registrazioni segnati da droghe, litigi e strumenti fracassati, con Trent Reznor dei Nine Inch Nails al fianco di Manson nel ruolo di produttore e musicista. Il risultato è un’opera disturbante e visionaria, che scavalca grunge, punk e metal e porta l’industrial nei piani alti del rock più aggressivo.

Glamour, Horror e pornografia

Negli anni ’90 il rock sembrava aver trovato una nuova bussola: tornare all’autenticità. Il grunge riportava la rabbia al formato essenziale della canzone rock, il britpop rivendicava l’eredità dei Beatles e dell’Inghilterra working class, l’alternative cercava la verità in sonorità sporche e nel piacere di mescolare stili diversi senza preoccuparsi troppo di forma o etichette. Tutto ruotava intorno a un’idea di sincerità: raccontare il quotidiano, dare voce a una generazione. Anche il look rifletteva questo approccio: nei primi anni ’90 i nomi più grandi del rock – dai Nirvana ad Alanis Morissette, dai Metallica del BLACK ALBUM agli Oasis – sfoggiavano uno stile tra i più sobri della storia: felpe, jeans sdruciti, camicie di flanella, scarpe da ginnastica e t-shirt. Perché la cosa più importante erano le canzoni che suonavi. Poi nel 1996 arriva ANTICHRIST SUPERSTAR. E Marilyn Manson rovescia il tavolo: di nuovo eccesso, di nuovo esagerazione, tanto nel suono quanto nel look, con un’estetica che tra glamour, immaginario horror e derive pornografiche sguazza nel piacere della provocazione. Niente impegno sociale, niente denuncia, nessuna canzone capace di diventare colonna sonora di una storia di vita reale. I testi diventano una ferita spalancata dentro l’ego tormentato dell’artista, un flusso di rabbia che conduce a una catarsi negativa, un viaggio teatrale nell’oscurità più assoluta. Esplode la figura della rockstar maledetta e distante, arroccata in una torre d’avorio che produce musica oltraggiosa, mostruosa e, proprio per questo, bellissima. È la celebrazione dell’ego, del nichilismo, della decadenza. Il suono, cattivissimo, è qualcosa di nuovo: non ha la brutalità istintiva del punk, né l’ossessione per la tecnica che domina il metal. Qui non ci sono riff veloci o virtuosismi: c’è un muro abrasivo, elettronica spinta all’estremo, effettistica che piega e deforma ogni strumento. La ritmica è ottusa, martellante, ferocissima. La chiave è l’industrial, che con questo disco entra nei piani alti del rock: un suono claustrofobico e ossessivo, perfetto per incastonare le storie di dolore e allucinazione cantate da Manson.


Clima di lavoro tossico

A orchestre il suono di  ANTICHRIST SUPERSTAR c’è una delle menti più illuminate del genere: Trent Reznor dei Nine Inch Nails, alter ego creativo di Manson in questa fase, che produce e plasma l’intero progetto. L’album prende forma a New Orleans, in otto mesi di registrazioni convulse a Nothing Studios. Attorno a Manson ci sono i suoi compari Twiggy Ramirez, Madonna Wayne Gacy e Ginger Fish, ma anche pezzi da novanta della scuderia Nine Inch Nails come Robin Finck, Danny Lohner e Chris Vrenna. Perché, come detto, al timone di questo lavoro maledetto insieme a Manson c’è Trent Reznor, affiancato da Dave Ogilvie. La produzione di questo disco passerà alla storia perché va molto oltre la dimensione artistica, tecnica e musicale. Droghe pesanti, privazione del sonno, auto-lesionismo: un clima tossico, scelto e alimentato come strumento per spingere artisti, musicisti e collaboratori nello stato mentale giusto per produrre musica che doveva risultare spaventosa, oscena. Manson racconta di aver infilato aghi sotto le unghie per testare la soglia del dolore. Le sessioni spesso degenerano in distruzione: strumenti fracassati, attrezzature gettate dalle finestre, litigi feroci. Daisy Berkowitz, chitarrista fondatore, viene progressivamente escluso fino ad abbandonare il gruppo, dopo episodi in cui persino la sua chitarra – un regalo del padre appena morto – viene spaccata in studio. Le tensioni lacerano anche i rapporti con Reznor, e il produttore Ogilvie viene fatto fuori, accusato di non saper gestire un caos di tale portata. A rimettere in carreggiata il progetto è Sean Beavan, tecnico di fiducia dei NIN, che riesce a ricompattare la band e a rifinire le tracce. Il risultato finale è un disco che, nell’ottica di questa ricerca estrema, è perfetto perché cattura e cristallizza sofferenza, autodistruzione e furia. Ogni scelta di produzione, ogni dettaglio musicale, ogni immagine sonora è concepita per disturbare: un rock industrial allo stato dell’arte che segnerà tanto l’alternative metal quanto il nu metal degli anni successivi, e che abbina la violenza del suono a un’estetica e a una presenza scenica che riscoprono le esagerazioni del glam ma le spingono nel grottesco, nel gusto della deviazione. È la celebrazione del mostruoso, l’arte dell’esagerazione senza alibi né filtri. Per molti, ANTICHRIST SUPERSTAR ha rappresentato l’epilogo di quella stagione del rock che, anche nella magnificenza sonora di tanti dischi e artisti grunge, alternative e britpop, manteneva comunque un impianto verace, semplice, spesso persino cantautorale. Un passaggio che non solo ha scosso gli anni ’90, ma ha lasciato un’eredità che ancora divide: c’è chi da allora considera Marilyn Manson, se non un genio, comunque un artista di rottura, innovativo e brillante, e chi invece lo ha visto come la deriva estrema dell’apparenza, la caricatura, la parodia definitiva della rockstar.


Altre storie

Leggi anche