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Al culmine dello scontro con gli Oasis, i Blur pubblicavano The Great Escape

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Author image Gianluigi Riccardo

11 settembre 2025 alle ore 17:41, agg. alle 19:37

La middle-class in fuga dalla routine raccontata dai Blur in The Great Escape per affrontare gli Oasis nella battaglia che porterà alla fine del Britpop

Se c'è un momento che può essere indicato come l'anno zero del Britpop, o almeno della sua esplosione, è sicuramente il 1995.

E' l'anno di Morning Glory e - di conseguenza - l'anno di The Great Escape, testa d'ariete degli Oasis l'uno, dei Blur l'altro. Due giganti pronti a scontrarsi sulla scena per prendersi la corona di 'pesi massimi del Britpop', come Liam Gallagher e Damon Albarn, pugili pronti a darsele di santa ragione sulla celebre copertina del NME.

Uno scontro frontale pronto ad accendersi a più riprese e che vede due momenti salienti che fanno capo alla release in contemporanea di 'Roll With It' da parte degli Oasis e 'Country House' sponda Blur e al rematch degli album con (What's The Story) Morning Glory e The Great Escape.




Oasis e Blur rappresentavano non solo due band ma erano dei totem ad un modo diverso di vivere e vedere la vita: da una parte i Gallagher, brutali, istintivi, working-class e maledettamente arroganti. Dall’altra i Blur, intellettuali, pop, irriverenti, figli dell’arte e delle università. In mezzo, un Paese diviso come non accadeva dai tempi del calcio anni ‘70.

In questo scenario nasce The Great Escape, quarto album in studio dei Blur pubblicato l'11 settembre del 1995, una mappa esistenziale della middle class inglese tra euforia e disillusione e scudo per cercare di resistere al prepotente assalto dei fratelli di Manchester.


La guerra del Britpop: Blur contro Oasis

Il Britpop, esploso a inizio anni ’90 come risposta tutta britannica alla dominazione grunge americana, aveva trovato nei Blur i suoi alfieri più sofisticati. Dopo il successo di Parklife (1994), la band londinese aveva ridefinito il pop britannico con un mix di tradizione e modernità, spingendosi su territori narrativi alla Ray Davies dei Kinks, ma con l’occhio cinico del post-Thatcherismo.

Dall’altra parte, gli Oasis con (What’s the Story) Morning Glory?, portavano un’energia più diretta, fatta di chitarre, birra, pub e cori da stadio. Il duello raggiunge il culmine nell’estate del ‘95, quando entrambe le band decidono di far uscire un singolo lo stesso giorno. "Country House" dei Blur contro "Roll With It" degli Oasis

I Blur vincono, almeno nei numeri: Country House debutta al numero 1 della UK Singles Chart. Ma la vittoria ha un retrogusto amaro. Gli Oasis venderanno molto di più nel lungo periodo. E "The Great Escape", a dispetto dell’accoglienza iniziale trionfale, col tempo verrà messo in discussione dalla critica e dagli stessi Blur.


Il concept: la prigione dorata della middle class

"The Great Escape" è, sin dal titolo, una fuga. Ma da cosa? Damon Albarn costruisce un concept album quasi cinematografico, una galleria di personaggi alienati e ridicoli, incastrati nella routine della modernità britannica. La suburbia londinese diventa lo sfondo di microdrammi quotidiani, vissuti tra uffici asettici, pub decadenti, relazioni fallite e sogni svaniti nel nulla.

C’è "Dan Abnormal" (anagramma di Damon Albarn), alter ego surreale e caricaturale. C’è "Ernold Same", impersonato da Ken Livingstone, futuro sindaco di Londra, simbolo della ripetitività esistenziale. C’è "Mr. Robinson's Quango", satira spietata della corruzione politica. Ogni canzone è una finestra sul vuoto emotivo di una generazione cresciuta a margini di benessere, ma priva di scopo.

Musicalmente, il disco spazia tra pop orchestrale (The Universal), punk malinconico (Fade Away), synth retrò (Top Man) e ironia glam (Stereotypes). Ma sotto la superficie pop, si agita un’ansia latente, quasi pre-millenaria.


La fine di un'era

Ma mentre The Great Escape scalava le classifiche, all’interno dei Blur qualcosa si incrinava.

La band entra in studio nel tardo 1994, dividendosi tra Maison Rouge, Townhouse Studios e altri studi londinesi. La produzione è affidata ancora a Stephen Street, ormai quinto membro non ufficiale del gruppo. Ma qualcosa è diverso: la musica si fa più ricca, stratificata, barocca. Albarn compone come se stesse scrivendo per un musical cinico sulla decadenza britannica. E mentre lui dirige l'orchestra con sicurezza, Coxon si sente sempre più alienato, invischiato in canzoni che non riconosce più come sue.

In un’intervista anni dopo, Coxon definirà The Great Escape “troppo calcolato, troppo finto”. Anche la stampa, inizialmente entusiasta, comincia a rivalutare il disco in chiave più critica, vedendolo come l’apice — e al tempo stesso l’inizio del declino — del britpop.

Commercialmente, The Great Escape fu un trionfo: numero 1 in UK, oltre un milione di copie vendute. Ma la sensazione che il britpop stesse implodendo su sé stesso era palpabile. Gli Oasis stavano per diventare mega-star mondiali. I Blur, invece, sarebbero precipitati in una crisi d’identità profonda.

Il disco successivo, Blur (1997), sarà una rottura totale: suoni sporchi, influenze lo-fi e un Albarn meno brillante e più tormentato.

Ma proprio lì inizierà la seconda vita della band.



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