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5 chitarristi che nel 2025 ci hanno fatto alzare il volume

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Author image Gianni Rojatti

30 dicembre 2025 alle ore 16:30, agg. alle 18:07

Non una classifica, ma 5 chitarristi che nel 2025, a colpi di riff, assolo e attitudine, ci hanno fatto venir voglia di suonare o semplicemente alzare il volume

Nessuna classifica: ci siamo solo divertiti a mettere in fila i chitarristi che in quest’ultimo anno ci sono piaciuti di più: riff, assoli, power chord che ci hanno appassionato, emozionato, fatto alzare il volume o addirittura venir voglia di imbracciare una chitarra.

E non è una selezione da nerd: perché se è vero che non c’è strumento che identifichi il suono del rock più della chitarra elettrica, celebrare le sei corde più prodigiose in circolazione è anche un modo per tastare lo stato di salute del rock stesso. Diteci chi abbiamo dimenticato e chi vorreste assolutamente inserire!



Cinque chitarristi

Ovviamente non è una classifica, né vuole esserlo. Abbiamo scelto i chitarristi e le band che, di getto, ci hanno divertito di più: ed è stato bello ritrovare nomi di vecchi leoni accanto a sei corde emergenti, tutti artisti molto presenti sia nella nostra Top 20 sia nella programmazione di Radiofreccia

WET LEG (Hester Chambers, Rhian Teasdale)


Le Wet Leg incarnano lo spirito più scanzonato, irriverente e vitale dell’idea di chitarra rock. Non sono virtuose, non vogliono esserlo, e proprio per questo funzionano: il loro approccio è grezzo, istintivo, furbissimo, perfettamente allineato al migliore post punk (su tutti quello stralunato dei DEVO) e all’indie rock più esuberante.
 C’è poi un cortocircuito visivo irresistibile: salire sul palco con chitarre tipicamente associate al metal e al virtuosismo per suonare un indie rock sghembo, stralunato e lucidissimo, contemporaneo e ricercato nei suoni. Per quanto lo-fi, sporchi, da garage e sala prove, quei timbri parlano chiaramente il linguaggio della produzione di oggi e diventano un riferimento imprescindibile per chi cerca un suono rock attuale.
 Non è un dettaglio che Rhian Teasdale abbia iniziato a suonare la chitarra direttamente nella band: è un’ode all’immediatezza dello strumento, un invito a non farsi intimidire dallo studio. La chitarra come mezzo per far uscire un’idea, una canzone, un’urgenza. Le Wet Leg piacciono per questo: perché ti fanno venire voglia di imbracciarla e suonare, senza troppe menate.


OASIS (Noel Gallagher)


Se la reunion degli Oasis è stata senza discussioni l’evento musicale dell’anno, era inevitabile che i riflettori tornassero anche su Noel Gallagher come chitarrista. Non tanto per presunti primati tecnici o innovazioni timbriche – terreno che gli Oasis non hanno mai realmente frequentato – quanto per il ruolo storico e culturale di una band che ha costruito il proprio suono interamente attorno alle chitarre.
 Negli anni ’90 gli Oasis hanno riportato al centro un chitarrismo accessibile, diretto e vigoroso, figlio di una tradizione che unisce i Beatles agli Smiths, gli Stone Roses ai Sex Pistols: riff, armonia, accordi bellissimi e canzone prima di tutto, senza sciccherie gratuite.
 Nel tour del 2025, però, Noel ha stupito anche i più scettici, ritagliandosi spazi ragguardevoli come solista e accendendo l’attenzione degli appassionati presentandosi sul palco con al collo una chitarra elettrica iconica come la Gibson Les Paul – lo strumento di Slash, Jimmy Page, Zakk Wylde o Steve Jones – che però non risultava identificabile in alcun modello di catalogo. Solo in seguito si è scoperto che si trattava di una signature Gibson realizzata appositamente per lui, prima in edizione limitata Murphy Lab firmata e poi come modello di serie Gibson. Un ritorno sotto i riflettori che va oltre la nostalgia: presenza, solidità, suoni clamorosi e chitarra al centro della musica.


TURNSTILE (Pat McCrory, Meg Mills)


I Turnstile entrano in questa classifica per due ragioni molto chiare. La prima: sono una band costruita interamente sul suono delle chitarre e, nel 2025, sono state tra le realtà rock più apprezzate e trasversali in circolazione. Un riconoscimento d’onore, dunque, per una band con le chitarre più strafottenti e paracule in circolazione.
La seconda ragione è più sottile – e forse più interessante: i Turnstile hanno rimesso in circolo un suono di chitarra che si sentiva pochissimo da anni, quello di Andy Summers dei Police, in particolare il mondo timbrico di ZENYATTA MONDATTA (1980). Ascoltare “When the World Is Running Down, You Make the Best of What’s Still Around” aiuta a capire quanto quell’impronta timbrica sia stata assorbita dalla band. 
La forza dei Turnstile sta però nel passo successivo: contaminare quella pulizia cristallina, pop e iperprodotta anni ’80 con muri di distorsione, ferocia punk e attitudine hardcore. Tradizione e contemporaneità che si scontrano e convivono. Innovativi nel suono, efficacissimi nel songwriting e capaci di parlare alle nuove generazioni senza semplificare il linguaggio rock.


TOM MORELLO / NUNO BETTENCOURT


Ci sono eventi che non restano confinati alla cronaca di un anno, ma diventano immediatamente storia. Il 2025 verrà ricordato anche così: come l’anno dell’addio a Ozzy Osbourne, figura determinante del rock, padrino dell’heavy metal ma, soprattutto, personalità impossibile da rinchiudere in un genere. 
Il concerto di Back to the Beginning, con quel tempismo insieme struggente e perfetto, è stato il suo saluto definitivo. Un evento che resterà negli annali come uno dei più grandi raduni metal di sempre, ma anche come un momento rock epocale, per portata emotiva e simbolica, accostabile a concerti indimenticabili come il Freddie Mercury Tribute. 
In quella giornata monumentale, due sono stati gli eroi ed entrambi erano armati di chitarra: Tom Morello e Nuno Bettencourt.
 Morello ha incarnato un’idea spesso sottovalutata di chitarrista: non solo colui che suona, ma chi tiene insieme le persone. Chiamato da Sharon Osbourne a coordinare artisti, visioni e sensibilità, ha dimostrato ciò che aveva già mostrato con Rage Against the Machine e Audioslave: il vero valore di un musicista passa anche dalla capacità di costruire una band, creare un contesto, far funzionare l’insieme.
 Nuno Bettencourt, al contrario, ha emozionato e lasciato tutti a bocca aperta; tecnica micidiale, suono da brividi, carisma, tiro, groove e musicalità:  ha catalizzato l’attenzione con una naturalezza spiazzante. E nel celebrarlo resta un lieve rimpianto: quello di un chitarrista straordinario che, per strane dinamiche del rock, non ha mai occupato stabilmente il posto che meriterebbe accanto ai giganti assoluti della chitarra.
 Nota finale tutt’altro che marginale: Morello e Bettencourt emergono entrambi in quel crocevia tra fine anni Ottanta e inizio Novanta in cui il rock si contamina con funk, hip hop e musica afroamericana. Il crossover dei Rage Against the Machine e il funk metal degli Extreme erano linguaggi nuovi, urgenti e vivi di due chitarristi che, cresciuti a pane e Black Sabbath, stavano facendo evolvere il rock. Vederli suonare assieme per celebrare Ozzy è stata la perfetta chiusura del cerchio.


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